DIZIONARIO ARALDICO

L'Araldica è la Scienza del Blasone, cioè lo Studio degli Stemmi (detti anche Armi).

L'Araldica, detta in antico Nobilissima Armorum Scientia, è la scienza che studia gli stemmi, che insegna a descriverli in termini appropriati e l'arte che ne disciplina l'uso, la forma, le figure e gli ornamenti. La parola deriva dal termine araldo. Le figure sono anche dette pezze perché agli albori dell'araldica l'insegna sugli scudi veniva realizzata incollandovi delle stoffe colorate, che ne formavano il disegno.L'uso dello stemma, detto anche insegna o arma, è di origine antichissima, risalendo al periodo greco e romano; esso ha però assunto il suo significato di identificazione individuale, poi anche familiare, solo nel periodo degli imperatori carolingi e con la nascita della cavalleria, e si è quindi rapidamente diffuso in tutta Europa.
In guerra l'insegna permetteva di riconoscere i combattenti essendo questi chiusi in armature pressoché identiche, mentre in pace permetteva di riconoscere i partecipanti ai tornei (insegne gentilizie). Essa inoltre identificava anche le province dell'impero, le città del periodo comunale, gli ecclesiastici (dal papa in giù), le confraternite e gli ordini cavallereschi, le signorie, le associazioni di lavoro come le arti e le gilde. Regole fisse e particolari si consolidarono, ad opera degli araldi, a partire dal XIV secolo. Gli araldi erano coloro che componevano le insegne di tutti i tipi, che le studiavano e che severamente controllavano la proprietà delle attribuzioni individuali o familiari quali titoli, predicati ed insegne. Per accedervi era necessario che gli araldi controllassero e dimostrassero alla comunità, attraverso lo studio delle genealogie e delle insegne l'originalità e la pertinenza dei titoli e dei predicati. Appropriarsi indebitamente di cognomi, ascendenze o insegne altrui, era considerato un vero e proprio reato, e come tale veniva punito; un titolo ed un predicato nobiliare, per essere portabile, doveva sempre essere controllato ed accettato.Non rientrano tra gli oggetti di studio dell'araldica le bandiere ed i loghi di natura commerciale o industriale: le prime perché ad esse l'araldica fornisce solo la giustificazione storica e la base concettuale di costruzione, ma poi le abbandona al momento in cui esse vengono rigidamente regolamentate da leggi e decreti che riguardano la loro esatta riproduzione e dimensione; i secondi perché si tratta di espressioni grafiche assolutamente rigide, immutabili e "congelate" nell'unica forma ammessa.L'araldica vuole dare la possibilità a qualunque disegnatore, quale che sia il suo stile o l'epoca e il luogo in cui vive, di produrre un oggetto grafico – il cosiddetto "stemma" – che contenga tutte le informazioni essenziali per corrispondere senza alcun errore alla stringata descrizione dello stemma – definita "blasone". Se il disegno è stato fatto secondo le regole araldiche, chiunque conosca tali regole è in grado di ricostruire la esatta descrizione semplicemente guardando il disegno.L'araldica si è sviluppata nel Medio Evo in tutta l'Europa come un sistema coerente di identificazione non solo delle persone, ma anche delle linee di discendenza (in quanto il blasone poteva essere trasmesso in eredità ed esprimere il grado di parentela), il che la rende malgrado tutto un sistema unico nel suo tempo. Apparsa nel XII secolo con la nascita dei tornei ed utilizzata dai membri dell'aristocrazia o nobiltà e del clero, si diffuse a poco a poco in tutta la società occidentale.

I primi 6 stemmi sono stati disegnati da Gilberto Quattrocchio. Il quinto proviene dal Libro della Sibilla di Vallardi pubblicato da Guelfi Camaiani. Piero Guelfi Camaiani - Giovanni Cairo. Il penultimo stemma proviene dal "Fizzarotto" di Napoli. L'ultimo a destra proviene dall'elenco delle Famiglie nobili e titolate della Regione Marche.

1. Quattrocchio Piemonte (subalpino) (anno 1254 circa) - Arma: D'argento inchiavato in capo di sei punte di nero; col capo d'azzurro carico di tre gigli d'oro sostenuto da una fascia di rosso caricata da quattro occhi al naturale (Marozzi). Signori di Cerreto della Grue olim della Malta.
2. Quattrocchio di Roma e d'Amelia (anno 1382) - Arma: "D'oro con un'aquila nera ed un triangolo partito in canaletto, la parte superiore d'oro con quattro occhi umani dei propri colori, l'inferiore rombeggiata di rosso e d'oro". Antichi e nobili Signori di Roma - (come da Catalogo Romani de Calvis di Alphonsus Ceccarelli - ex libro manoscritto di Guglielmo Cardelli e Fanutio Campana in Biblioteca Vaticana "Paulus de Quattuor Oculis" in registro Nicolai Laurentij de seguacibus tribunij - Papa Urbano VI - (anno 1382) e Nobili moderni di Amelia. Titolo nobiliare:Antichi e Nobili Signori di Roma- Conti Palatini - Cavalieri Aurati.
3. Quattrocchi patrizi e nobili di Ascoli - Regione Marche (arma antica anno 1100 circa, dopo la prima crociata terminata nel 1099) - Arma d'argento al monte di tre cime verdi sormontato da una croce gigliata d'oro cantonata da quattro occhi umani al naturale.
4. Quattrocchio di Roma (anno 1580) - Arma: diviso in scaglione nel primo di rosso all'aquila d'argento, coronata d'oro; nel secondo triangolata di azzurro e d'argento. Sulla divisione uno scaglione d'oro caricato di quattro occhi al naturale.
5. Quattrocchio Gildo - Di rosso, a quattro occhi al naturale posti in fascia uno accanto all'altro; alla campagna troncata cuneata di nero e d'argento di 14 pezzi; al capo d'azzurro caricato di un giglio d'oro accostato da due ferri di picca d'argento. (Tribuna Araldica di Genova - Libro della Sibilla di Vallardi pubblicato da Guelfi Camaiani).
6. Quattrocchio Umbria-Marche (anno 1400 circa) - Arma: d'argento a due fasce di rosso caricate ognuna di due occhi umani al naturale, con la campagna di verde, al monte di tre cime, ordinate in fascia, d'oro. (Frascarelli).
7. Quattrocchi di Napoli - Arma: d'argento caricata e riparita ognuna di due occhi umani al naturale, con la campagna di verde, al monte di tre cime, sormontato da un Cipresso. (Gilberto Quattrocchio). L'aspetto più interessante di questa versione dello stemma di Famiglia riguarda la presenza del cipresso, espressione dell'anelito imperituro verso l'imperituro ideale. La "Giovane Italia" adottò come emblema un cipresso con il motto "Ora e Sempre" e lo chiamò "Albero della Vita".
8. Quattrocchi Colucci di Ascoli Piceno - Arma: troncato da una fascia di rosso: nel primo d'argento al monte di tre cime di verde, movente dalla fascia, sormontato da una croce gigliata d'oro accompagnata ai lati da quattro occhi al naturale; nel secondo sbarrato d'azzurro e d'oro - patrizi ascolani discententi di Ignazio che fu Governatore di Ascoli nel 1838.

SIGNIFICATO DELLE PEZZE ARALDICHE PRESENTI NEGLI OTTO STEMMI

I gigli e le aquile, come emblemi, non sono contrassegni di fazione, ma concessione di Sovrani.

GIGLI- Gigli di Francia: il più nobile dei fiori ed è diverso dal naturale. Fu Carlo VI che ridusse a tre i gigli di Francia. In Italia si diffuse rapidamente dopo la calata di Carlo VIII - 1494 Pisa. E' simbolo di potenza e sovranità. Per il Naugis sarebbero simboleggiate la fede, la sapienza e la cavalleria. I tre gigli presenti nell'arma piemontese del 1254 rivelano che la famiglia fosse oriunda di Francia, o che alcuno di essa avesse prestato dei rilevanti servigi a quello stato.

AZZURRO- E' il colore del cielo. Simboleggia tutte le idee che salivano alte. Rappresenta la fermezza incorruttibile (perchè il cielo non è corruttibile, la gloria, perchè si innalza sulle cose terrene e la virtù, dote celeste), la beltà e buona reputazione.

FASCIA- E' pezza onorevole di prim'ordine. Cingolo cavalleresco. Elemento distintivo dei condottieri. La fascia rossa in epoca romana era consentita al solo imperatore. Equivale al più moderno scaglione.

OCCHIO- Rappresenta la giustizia, Dio e la custodia. Eccellente giudizio e pronto intelletto. Simboleggia chi è serbatore della giustizia: il più delle volte è figura parlante o alludente.

ROSSO- Simboleggia nobiltà, audacia, valore, fortezza e dominio. Rappresenta il fuoco o il sangue in battaglia. Simbolo del valore della gistizia e dell'amore di Dio. E' il più nobile di tutti i colori.

ARGENTO- Simboleggia amicizia, equità, giustizia, innocenza, purezza, clemenza, concordia e vittoria. E' simbolo della Luna.

NERO- E' simbolo di stabilità e costanza. Rappresenta il dolore. Fu introdotto da quei cavalieri che portavano il lutto.

AQUILA- Nel Medio Evo l'aquila fu particolare emblema della dignità imperiale; i re di Germania, rivestiti di questa, la portarono successivamente sulle loro bandiere.

AQUILA NERA IN CAMPO ORO- CORONATA D'ORO- Cavaliere aurato del Sacro Romano Impero d'occidente.Conte Palatino

ROMBATO O LOSANGA- Essi significano fortezza e costanza e possono rappresentare un'armata schierata in battaglia.

AQUILA ARGENTO- Impero Romano Imp.ri Traiano, Adriano, ecc. E' simbolo dei tribuni.

TRIANGOLO- Indica eguaglianza, perfezione divina. I primi sacerdoti cristiani usavano il triangolo per spiegare il mistero della Trinità.

ORO- E' il più nobile metallo del blasone. Simboleggia la forza, la fede, la ricchezza, il comando, la costanza. E' simbolo del Sole.

CROCE- Sesta delle pezze onorevoli, da alcuni araldisti è tenuta come rappresentante la spada del cavaliere; ma sembra meglio adottata dai crociati nelle loro armi dopo il ritorno di Terra Santa. Simboleggia la vita e la salute.

MONTAGNA O MONTE- Significa grandezza, sapienza, nobiltà e fermezza. Simboleggia i feudi posseduti in luoghi montani.

MONTI IN FASCIA - Se questi colli sono posti in fascia e non sovrapposti, bisogna balsonare: al monte di due, tre, quattro cime ordinate in fascia, o meglio, l'uno accanto all'altro. Emblema di possedimenti alpestri più o meno numerosi a seconda del numero dei monti. I monti d'oro rapresentano ricche proprietà.

Il COLORE VERDE indica la terra, molto raro nelle armi, dove fu introdotto all'epoca delle Crociate. Dimostra la vittoria, l'onore, la civiltà, la cortesia.

SCAGLIONE O CAPRIOLO- Pezza di prim'ordine che rappresenta la nobiltà antica e generosa. Altri credono che rappresenti l'armatura che sostiene i tetti delle chiese.

PICCA- Antica arma grossa, in asta, con punta piatta di ferro, portata dalle fanterie, ricordata per la prima volta da Machiavelli parlando dei tedeschi e svizzeri. Ridotta a forma schematica convenzionale, è uno dei semi delle carte da gioco. Usata dalle moltitudini devastatrici che demolirono la Bastiglia (1789), divenne l'espressione formale dell'idea generale della libertà. Simbolo in uso presso la nobiltà nello spirito del Risorgimento sorto per l'unità d'Italia. E' associata all'asta.

ASTA- Segno primordiale di onore, dignità, autorità, dominio. Rappresenta la dedizione in difesa della libertà.

CUNEATO- Nelle arti araldiche della "dentellatura" e della "granitura" si sviluppò una variante allargata del simbolismo della "V". Queste rappresentazioni erano costituite da una serie di disegni a "V" o a "coppa" per dare una forma ad uno schema di smerlatura. La granitura indicava la generazione dinastica, e gli artisti si servivano di tale espediente per raffigurare la discendenza diretta. (Laurence Gardner)

Dai miei studi ritengo il cuneato bianco e nero sia da attribuire all'appartenenza all'ordine dei Templari (lo stendardo e lo scudo templare è diviso in orizzontale di bianco e di nero "Bauceant-Baussant"). I sei cunei originali penso che rappresentino le sei crociate fino all'anno 1254 e quindi lo stemma della famiglia Quattrocchio, signori di Cerreto, risale al periodo che va dal 1254 al 1270. Infatti la settima Crociata avverrà nel 1270.

Quattrocchi, Quatrocolo, Quattrocolo (Torino) ; cfr. lohanninus Quatuor Oculi, Chart. Derton., CHI, 1221. [quat-tròc-chi] raro Quattr'occhi s.m. e f. inv. 1 fig. scherz. Persona che porta gli occhiali? A quattrocchi, in confidenza, senza testimoni,da solo a solo
2 Zoologicamente Uccello degli Anseriformi (Bucephala clangula), di colore nero con due macchie più chiare sotto gli occhi e sopra il becco, diffuso nelle regioni artiche Anatra selvatica dal piumaggio cupo con riflessi verdi e due caratteristiche macchie bianche sotto gli occhi sec. XVIII.
Per quanto riguarda Quattordio ( Domenico Quattrocchio de Quattordio de Monferrato). Maynfredus de XIV solidis, 1211 , doc. 562 Cartario di Staffarda, Ubertus Quatuordecim, Cod. Astensis, e Henricus, Guillelmus Quatorge o Quatorze, 1185, 1200 Carte Arch. Arciv. Torino, derivano indirettamente da 14 attraverso il nome locale che ora è Quattordio, circ. d'Alessandria.

Quattro [quàt-tro] A agg. numer. card. inv.
1 Numero naturale successivo di tre, rappresentato nella numerazione araba da 4, in quella romana da IV. Quantità numerica composta di quattro unità: il numero Quattro.; le quattro operazioni aritmetiche; i quattro punti cardinali; commedia in quattro atti; le quattro stagioni. A quattro mani, di brano musicale eseguito da due pianisti sullo stesso strumento. Avere quattro occhi, portare gli occhiali; fig. stare molto attento. Fare qualcosa a quattro mani, in due: scriveremo un libro a quattro mani. I quattro venti, le quattro principali direzioni del vento, che spira dai quattro punti cardinali. Quattro occhi vedono meglio di due, l'opinione di più persone aiuta a giudicare o a decidere con maggior discernimento. Tra quattro mura, tra quattro pareti, in casa, in una stanza , fig. Dire, gridare qualcosa ai quattro venti, farla sapere a tutti. Avere quattro facce, essere finto, ipocrita. Parlare a quattr'occhi con qualcuno, in confidenza, da solo a solo
2 (posposto a un sostantivo) In una serie ordinata, in una pluralità di elementi, che occupa il quarto posto: il capitolo quarto; la stanza numero quattro
3 In composizione con altri numeri semplici o composti, forma numeri superiori: quattrocento, quattromila
4 fig. Un numero ridotto, una piccola quantità di persone o cose: guadagnare quattro soldi; fare quattro passi; dire quattro parole di ringraziamento, fig., spreg. Essere quattro gatti, pochissimi: alla festa c'erano quattro gatti. Fare quattro chiacchiere, conversare tranquillamente fra amici. Fare quattro salti, ballare in compagnia di amici. Essere quattro noci in un sacco, pochi ma rumorosi . B come s.m. inv.
1 Il numero quattro: il quattro per cento dei partecipanti è di sesso maschile; giocherò il quattro di cuori; dividere per quattro. Il quarto giorno di ciascun mese: partirò il quattro aprile, il quattro d'aprile. Votazione scolastica nettamente inferiore alla sufficienza, rappresentata dal sei. Il quattro, il quarto anno di ciascun secolo; per antonomasia il 1904. Le quattro, le ore quattro; fam. le ore sedici. Tiro a quattro, a quattro cavalli. In quattro e quattr'otto, in un attimo, in un batter d'occhio. Dirne quattro a qualcuno, sgridarlo aspramente, fig. Farsi in quattro, impegnarsi molto, darsi un gran da fare: si fa in quattro per i suoi figli. Fare il diavolo a quattro, fare confusione, fare gran baccano; sfogarsi, reagire in modo violento e rumoroso
2 Il segno che rappresenta il numero quattro: scrivere un quattro
3 SPORT Quattro con, quattro senza, nel canottaggio, imbarcazione con un equipaggio di quattro rematori, con o senza timoniere. PROV. Non dire quattro se non l'hai nel sacco, è bene guardarsi dal considerare come positivamente concluso ciò che non è ancora compiuto.

Occhio [òc-chio] s.m. (pl. -chi)
1 ANAT Organo della vista che nell'uomo e nei Vertebrati è composto da un globo tondeggiante che fissa sulla retina gli stimoli luminosi e li trasmette ai centri nervosi mediante il nervo ottico. Negli Invertebrati, organo della vista semplice o composto
Aprire gli occhi, svegliarsi, fare attenzione; fig. capire come stanno le cose, rendersi conto della realtà. Aprire gli occhi alla luce, alla vita, nascere. Aprire gli occhi a qualcuno, farlo accorto, fargli scorgere la realtà. Avere gli occhi rossi, per infiammazione o per pianto. Avere gli occhi umidi, per aver appena pianto o perché si inizia a piangere. Avere le lacrime agli occhi, stare per piangere. Battere gli occhi, battere le palpebre. Chiudere gli occhi, dormire, morire; fig. non voler accorgersi di qualcosa. Coda dell'occhio, l'angolo esterno dell'occhio, verso la tempia. Guardare con la coda dell'occhio, sbirciare, guardare di sottecchi. Fare due occhi così a qualcuno, picchiarlo di santa ragione. Guardarsi negli occhi, osservarsi attentamente; fig. dirsi la verità. Non tenere gli occhi aperti, morire di sonno. Occhi bovini, grandi e sporgenti. Sognare a occhi aperti, fantasticare. Strizzare l'occhio, ammiccare, fig. A occhi aperti, con grande attenzione. A occhi chiusi, senza esitazione: un'offerta così l'accetterei a occhi chiusi. A occhio asciutto, senza piangere, senza lacrime. A quattr'occhi, a tu per tu, privatamente. Averne fino agli occhi, fin sopra gli occhi, non tollerare ulteriormente. Cavarsi gli occhi, stancarsi la vista; reciproco litigare selvaggiamente. Chiudere gli occhi a qualcuno, assisterlo nell'agonia. Dormire con gli occhi aperti, con un occhio solo, essere molto vigile, accorto. Essere (come)un pugno in un occhio, di cosa o persona sgradevole a vedersi. Essere come il fumo negli occhi, di persona o cosa insopportabile. Fare l'occhio a qualcosa, abituarcisi. Fare tanto d'occhi, guardare con tanto d'occhi, spalancarli per la meraviglia. Gettare la polvere, il fumo negli occhi a qualcuno, ingannarlo. In un batter d'occhio, in un attimo
Leggere negli occhi, penetrare nel pensiero. Non poter chiudere occhio, soffrire d'insonnia. Non vedere che per gli occhi di qualcuno, amarlo teneramente, ciecamente. Si caverebbero gli occhi, si odiano a morte,ironico. Per i tuoi begli occhi, per amor tuo: se credi che voglia perdere tutto questo tempo per i tuoi begli occhi ti sbagli ! Occhio per occhio, dente per dente, espressione di origine biblica che annuncia la legge del taglione, consistente nell'infliggere al colpevole lo stesso danno da lui arrecato alla vittima
2 Senso della vista, capacità visiva: ha occhi acutissimi. A occhio e croce, press'a poco. A occhio nudo, senza occhiali o altro strumento ottico; fig. in modo evidente: la tua malafede è chiara, si vede a occhio nudo. A occhio, con la semplice vista; approssimativamente: misurare a occhio. A perdita d'occhio, lontanissimo, a grande distanza, fin dove lo sguardo può arrivare. Aguzzare gli occhi, sforzarsi di vedere meglio. Alzare, volgere gli occhi al cielo, guardare verso l'alto per pregare o per esprimere rassegnazione. Avere gli occhi, vederci bene. Colpo d'occhio, occhiata, prima impressione. Dare, non dare nell'occhio, richiamare o meno l'attenzione
Occhi di lince, di falco, vista acutissima. Tenere, avere gli occhi bassi, guardare verso terra per timidezza, umiltà o vergogna. Voltare l'occhio, distrarsi, fig. Chiudere un occhio, lasciar correre, fingere di non aver visto. Essere tutt'occhi, attentissimo.
Mangiare qualcuno, qualcosa con gli occhi, guardare desiderando avidamente.
Mettere gli occhi addosso a qualcuno, a qualcosa, adocchiarlo, desiderarlo.
Non credere ai propri occhi, restare increduli, stupefatti per ciò che si vede.
Non levare, non togliere gli occhi di dosso a qualcuno, continuare a fissarlo.
Non perdere d'occhio qualcuno, vigilarlo assiduamente. Saltare agli occhi, di cosa evidentissima, che non si può non vedere. Tenere d'occhio, sorvegliare. Tenere gli occhi addosso a qualcuno, a qualcosa, fissarlo, figurato: fam. Avere gli occhi foderati di prosciutto, avere la benda sugli occhi, non scorgere l'evidenza. Capacità di veduta.
1 Organo della vista, che percepisce gli stimoli luminosi e li rimanda ai centri nervosi che li traducono in immagini: occhio a mandorla; avere gli occhi assonnati
2 Sguardo, capacità visiva, vista: fin dove l'occhio può arrivare; stare con, a occhi bassi; di frequente è paragonato, nell'uomo, a quello di animali che hanno lo sguardo particolarmente potente: occhio di lince che occhio!, che abilità nelle manovre, nell'uso di uno strumento di precisione ecc.
3 Riferisce anche lo stato d'animo che nell'occhio, nello sguardo si esprime: avere occhio lieti, tristi; anche in senso fig., intelligenza: cogliere con occhio pronto una sfumatura; può essere riferito pure alle facoltà spirituali direttamente sollecitate dallo sguardo (come quella del bello, dell'armonia ecc.): un colore che non disturba l'occhio
4 Tutto ciò che somiglia a un occhio per forma; foro, apertura circolare: occhio del formaggio occhio di bue, proiettore per illuminazione dall'alto
5 bot. Gemma: la patata ha messo gli occhi
6 min. occhio di gatto, di tigre,pietre dure con tonalità di vario colore usate come ornamento. In funzione di esclamazione, attenzione: occhio al cane, rallenta! diminutivo occhietto . accrescitivo occhione peggiorativo occhiaccio agg.rel. non derivati dal lemma: (1, 2) oculare, ottico; oculistico, nella forma oculo sec. XII. Locuzioni in senso proprio o figurato: a occhio chiusi, con piena fiducia a occhio e croce, all'incirca a o. nudo, senza l'ausilio di strumenti ottici a occhio, approssimativamente a quattr'occhi, a tu per tu, privatamente a vista d'occhio, rapidamente: crescere a vista d'occhio aprire gli occhi a qlcu., esporgli con franchezza la verità, invitarlo alla vigilanza avere gli occhi fuori dalle orbite, essere fuori di sé per la rabbia avere occhi, possedere capacità, abilità in un dato lavoro, specie se di precisione avere un occhio di riguardo, riservare una particolare attenzione chiudere gli occhio, morire chiudere occhio, dormire: non ho chiuso occhio per tutta la notte chiudere un occhio, sorvolare su un'inosservanza, un errore guardare con la coda dell'occhio, di nascosto, senza farsi notare dare nell'occhio, attirare l'attenzione, sia in senso positivo che negativo fare gli occhi dolci a qlcu., mandare segni di innamoramento guardarsi negli occhi, fissarsi l'un l'altro figurato: confrontarsi con franchezza, dirsi la verità in un batter d'occhio, in un momento lasciarci gli occhi, consumare la vista mettere gli occhio addosso a qlcu., desiderarlo ardentemente; anche mangiare con gli occhi qlco., qlcu. non credere ai propri occhi, essere incredulo di fronte a fatti, notizie eccezionali, straordinarie occhio clinico, capacità di intuizione, di diagnosi pronta occhio del ciclone, il centro di una perturbazione, dove la pressione è più bassa; in senso figurato: essere nell'occhio del ciclone, al centro di una vicenda burrascosa, di un intrigo perdere d'occhio, non vedere più saltare, balzare all'occhio, agli occhi, farsi notare per l'evidenza sognare a occhi aperti, fantasticare sott'occhio, a portata di mano strizzare l'occhio, ammiccare figurato: fare cenno d'intesa tenere d'occhio, sorvegliare un occhio della testa, spesa eccessiva un pugno in un occhio, cosa sgradevole, di cattivo gusto vedere di buon, di mal occhio, giudicare con compiacenza o disapprovazione una cosa o persona.

TITOLI NOBILIARI E CORONE di Gherardo Guelfi Camaiani Per l'art. 3 del R.D. 7 giugno 1943, n. 651 (l'ultimo Ordinamento dello Stato Nobiliare Italiano)

I Titoli Nobiliari sono in ordine decrescente: Principe, Duca (titoli che nel precedente Ordinamento del 1929, art. 5, erano parificati; sul punto: MISTRUZZI DI FRISINGA, Trattato di Diritto Nobiliare Italiano, Giuffrè, Milano, 1961, vol. III, p. 252 e MARESCA, Dei trattamenti dei titolati del Regno d'Italia, in Riv. Ar., 1954, p. 133), Marchese, Conte, Visconte, Barone, Nobile, nonche' Signore, Cavaliere Ereditario, Patrizio e Nobile di determinate città. Per il secondo comma del medesimo articolo 3, a partire dal 1943, tali ultimi titoli non potevano essere più concessi ma soltanto riconosciuti agli aventi diritto se derivanti da antiche concessioni. In effetti i titoli di Signore e Cavaliere Ereditario (come anche quello di Visconte), non vennero mai conferiti dai Re d'Italia dopo l'unificazione. Il titolo di Principe deriva dal Princeps Romano che significava il primo tra tutti. Pertanto fu dato ai Sovrani; da questi passò ai loro primogeniti ed ai successori al trono. Assieme a questi personaggi di primissimo piano, i Re avevano investito anche altri del titolo di Principe, seppur meno cospicui, come ad esempio i grandi feudatari dell'Impero di Alemagna, che si intitolarono Principi del Sacro Romano Impero. Così anche in Italia ove alcuni grandi feudatari ebbero il titolo principesco (MISTRUZI DI FRISINGA, op. cit. p. 112, nota 31). Secondo quanto dispone il R.D. 7 giugno 1943, n. 652 (l'ultimo Regolamento per la Consulta Araldica del Regno), a tale titolo, normalmente corrisponde una corona sormontata da otto foglie di acanto o fioroni d'oro di cui cinque visibili, sostenute da punte ed alternate da otto perle di cui quattro visibili (si veda il testo degli artt. 68-96 del R.D. 652/43 che prevedono, per ciascun titolo, le corone normalmente usate e quelle diverse comunque tollerate). Il titolo di Duca deriva dal Dux dei Romani, i quali chiamavano così un capitano d'armata e davano l'onore del Ducato a coloro i quali si erano distinti nella milizia. Erano chiamati duces i governatori delle provincie. Questo uso proseguì anche sotto i Longobardi sino al punto che nel secolo sesto il Regno d'Italia fu diviso in trenta ducati e governato da trenta duchi . Intanto, sebbene la parola Duca indicasse a questo modo delle sovranità assolute, questo titolo venne conferito ad alcuni feudatari dei più eminenti; così in Italia come altrove il titolo di Duca cominciò a significare un feudatario di rango (MISTRUZI DI FRISINGA, op. cit., p. 112, nota 32). La Corona normale di Duca è cimata da otto fioroni d'oro di cui cinque visibili sostenuti da punte. Il titolo di Marchese trae origine dal vocabolo Marche o Marca, tedesco, che significa territorio di confine ed i Longobardi usarono tale appellativo appunto per indicare coloro che erano incaricati di governare una provincia di confine. Dopo la introduzione della feudalità cominciarono ad essere chiamati marchesi taluni feudatari i di cui feudi erano ai confini dello stato. In prosieguo di tempo non si fece più distinzione, nelle investiture feudali, fra marchesi e conti, pur essendo il marchesato ritenuto gerarchicamente superiore alla contea, né giuocava più la situazione della vicinanza al confine (MISTRUZI DI FRISINGA, op. cit., p. 112, nota 33). Col passare dei tempi, acquistato il titolo marchionale un valore puramente araldico, furono erette in Marchesati alcune terre che non erano affatto ai confini (GUELFI CAMAIANI Piero, Dizionario Araldico, Manuali Hoepli, 1940, rist. Forni 1974, p. 357). La Corona spettante al Marchese è cimata da quattro fioroni d'oro, tre visibili, sostenuti da punte ed alternati da dodici perle disposte tre a tre in quattro gruppi piramidali, due visibili. Nel linguaggio feudale, il Conte era il possessore di un feudo al quale era annesso il corrispondente titolo onorifico. Per alcuni la parola deriva dal latino comes, che nei tempi bizantini indicava il grado di un ufficiale di corte o di un governatore di provincia; ovvero comes come compagno del Re, inviato da quest'ultimo a reggere città o territori con armati propri. Per altri (M.D.F., op. cit., p. 113, nota 34) essa deriva dalla voce counts o countes dei Normanni che indicava precisamente un feudatario. Quando il Conte doveva seguire l'esercito imperiale, lasciava altri al suo posto, onde il titolo posteriore di Visconte. La corona normale di Conte è cimata da sedici perle di cui nove visibili. La Corona normale di Visconte è cimata da quattro grosse perle, tre visibili, sostenute da altrettante punte ed alternate da quattro piccole perle, due visibili, oppure da due punte d'oro. Il titolo di Conte Palatino era dato a quel sommo dignitario, ministro e talora parente del Re il quale aveva carica e titolo di Conte e soprintendeva al supremo tribunale del regno; dato che i giudizi si tenevano presso il Palazzo del Re, questo Conte venne ad assumere l'aggettivo di Conte di Palazzo o Palatino . Oggi viene riconosciuto questo titolo ai discendenti di coloro che lo ebbero da Imperatori o Papi, e non dai loro delegati, o da altri Principi. Tutte le esclusioni sono in vigore per i discendenti di coloro che ebbero questo titolo personale per appartenenza a Collegi o perchè rivestiti pro tempore di un ufficio . Colla massima nobiliare del 21 febbraio 1915 ai Conti Palatini venne attribuita una corona formata del solito cerchio cimato da nove perle, tre alzate e sei ribassate (G.C.P., op. cit., pp. 162 e segg.).Oppure per quanto riguarda la corona dei Conti Palatini, quella “simile a quella dei Conti feudali rialzata di 12 punte sormontate da altrettante perle delle quali se ne vedono soltanto sette”, fu poco usata ed è caduta in totale disuso, adottandosi anche per i Conti Palatini “la corona a 16 punte” (Piero Guelfi Camajani). Anche la parola Barone indicava un feudatario cui era annesso quel titolo e significava Signore con giurisdizione. Nell'Italia meridionale la voce Barone è stata, in senso complessivo, usata per significare l'intero corpo dei feudatari del Regno, qualunque fossero i titoli di cui i feudatari medesimi erano onorati. Era quindi, colà, qualifica e non titolo . Appena nel secolo XIX il Barone divenne titolo nobiliare nel Regno delle Due Sicilie. Come titolo nobiliare era conferito con preferenza nella Venezia Giulia e Tridentina, meno nelle altre regioni d'Italia (M.D.F., op. cit., p. 113, nota 35). Vi furono signori di provincia i quali non avendo prerogative feudali ottennero di essere infeudati sotto questo titolo delle terre che avevano in benefizio, ed anche di quelle che avevano in proprietà o di franco allodio, come in Sicilia, nella quale si ebbero anche investiture feudali sullo sfruttamento delle saline, delle tonnare, ecc., il che fece decadere di molto questo titolo che viceversa in origine era importantissimo; nel secolo XIII fu in tanto onore che fu preferito a quello di principe. Così Filippo conte di Savoia nobile barone e principe (1269), Alto Barone Roberto duca di Borgogna (1272) (G.M.P, op. cit., p.175). Ad esso compete normalmente una corona formata da un cerchio accollato da un filo di perle con sei giri in banda di cui tre visibili. Il titolo di Nobile si pone nel gradino più basso della scala nobiliare e spetta inoltre agli insigniti di qualsiasi altro titolo. Ad esso corrisponde una corona cimata da otto perle, cinque visibili. La Corona normale di Patrizio è cimata da otto perle di cui cinque visibili, alternate da otto fioroni abbassati sul cerchio di cui cinque visibili. Per l'ARNONE (Riv. Ar., 1946, p. 265), viceversa, sarebbero quattro i fioroni visibili; G.M.P.(op. cit., p. 207) le famiglie insignite del Patriziato usavano e usano tuttora una corona simile a quella antica di Marchese meno le dodici perle che sono sostituite da quattro soltanto, risultando formata da quattro fioroni (tre visibili) alternati da altrettante perle (due visibili). Il Titolo di Signore serviva ad indicare genericamente i proprietari di terre non sottoposte a vincolo feudale e, soprattutto in Sicilia, era appoggiato su cariche ed altri benefici. Nel Medioevo, si dava a chi era titolare di una Signoria feudale sia che questa fosse rappresentata da un territorio che da una carica amministrativa: es. i Signori di Giustizia, titolo che era conferito a chi amministrava la Giustizia; nel sec. XII era considerato un alto titolo, tanto che non era concesso ai vassalli nobili dei grandi Feudatari; il titolo di Signore è stato dunque usato sempre per indicare persona che esercitava potere o dominio (signoria) sugli altri; nella legislazione italiana il titolo di Signore compare solo nell’Ordinamento nobiliare del 1929 in cui si dice che tale titolo è riconoscibile dal regio Governo, mentre era ignorato dai precedenti regolamenti; a ragione di ciò non esiste una corona ufficiale relativa al titolo di Signore, (op. cit., p. 494), però, andrebbe attribuito a tale titolo molto diffuso in Italia insieme a quello di Consignore, una corona simile a quella di Barone con minori ornamenti e cioè: un cerchio accollato da un filo di perle in banda (due visibili), il cerchio cimato da quattro grosse perle (tre visibili) sostenute dal cerchio o da punte; lo studioso citato è indotto ad attribuire detta corona poiché il Signore esercitava alcune funzioni baronali che a questi lo avvicinavano, per quanto riguarda la posizione nell’ordine dei titoli nobiliari per la stessa ragione esposta sopra dovrebbe immediatamente seguire il titolo di Barone (MANTONICO SANTORO, in Riv. Ar., 1977, risposta al quesito 1417). Il secondo comma dell’art. 3 del R.D. 651 del 1943 prevedeva la possibilità di ottenere il riconoscimento di tale titolo, se derivante da antiche concessioni. Non risulta invece nell'elenco di cui all'art.3 il titolo di Consignore, come consorziato nel feudo, benchè ufficialmente riconosciuto dalla Consulta Araldica, per esempio, alla famiglia Morosini di San Stae, come riporta l'Elenco Storico della Nobiltà italiana edito dall'Ordine di Malta (sul punto: M.D.F., Trattato...cit., p. 209). Il titolo trasmissibile di Cavaliere veniva concesso in alcune regioni soggette alla Spagna (Lombardia, Sardegna, Sicilia) e dell'Austria, sia direttamente (Lombardo-Veneto, Venezia Giulia e Tridentina) che indirettamente (Ducati della Val Padana); esso spettava altresì agli ultrogeniti delle famiglie titolate del Piemonte (M.D.F., op. cit., p. 209). La corona normale di Cavaliere ereditario è cimata da quattro perle di cui tre visibili.

Entrare nel mondo dell’araldica è un cammino affascinante ma inizialmente faticoso per la complessità delle norme che lo regolano. Ma una volta iniziato, il cammino diventa sempre più appassionante. E chi ha dietro le spalle qualche anno di studio e attenta osservazione, può rendersi conto di come in questo “mondo”, ci sia sempre più da scoprire, sempre più da imparare, sempre più da sorprendersi. La generale ripresa di interesse verso la nobile arte dell’araldica deriva dai suoi colori vivaci, dalla ricchezza dei suoi simboli e dal suo potere di suggestione. In questa disciplina scienza e arte si fondono in un connubio che forse non ha pari nelle manifestazioni del sapere e della creatività umana. Infatti a precise regole, a uno stile caratteristico e a un linguaggio tutto particolare, l’araldica associa la bellezza immediata e comunicativa di scudi arricchiti da figure innumerevoli, di decorazioni preziose e di tantissime combinazioni possibili di colori e forme molto più affascinanti di una Carta di Identità.

DIZIONARIO ARALDICO DI BLASONATURA

Alcune definizioni di base che servono ad esplicitare maggiormente il linguaggio Blasonico
Partizioni: si riferisce ai vari tipi di divisione dello scudo in due o più parti, mediante linee

Pezze: Figure Araldiche propriamente dette, costituite da elementi geometrici o stilizzati

Cinta = pezza onorevole; bordura larga la metà del normale, scostata dal bordo dello scudo di uno spazio uguale alla sua larghezza.
Cotissa = banda diminuita di metà della sua larghezza.
Crescente = il quarto di luna, con le punte rivolte verso l'alto («montante»), verso il basso («rovesciato»), verso la destra dello scudo («volto»), verso la sinistra («rivolto»), verso l'angolo superiore destro («volto in banda») o sinistro («volto in sbarra»); se sono due e presentano le punte uno contro l'altro si dicono «affrontati», se presentano la parte convessa si dicono «addossati»; tre o più e accostati in posizione diversa si dicono «irregolari».
Croce = pezza onorevole formata dall'incrocio di un palo con una fascia; se ne può vedere la metà verticale «uscente» da una partizione.
- a doppia traversa = con due bracci trasversali, propria di patriarchi e primati; si dice anche Croce di Lorena.
- ancorata = con i quattro bracci terminanti a forma di ancora.
- biforcata = con i bracci che da patenti si incidono divaricando le punte.
- crescentata = con i bracci terminanti a forma di crescenti.
- di Gerusalemme = potenziata, accantonata da quattro crocette, il tutto d'oro.
- di Pisa = patente, ritrinciata e pomettata agli angoli.
- di Sant'Andrea = formata dall'incrocio di una banda e di una sbarra.
- di San Giacomo = con il braccio trasversale gigliato e l'asta a forma di picca nella parte superiore e di lama di spada nell'inferiore.
- di Santo Stefano = biforcata, di rosso in campo d'argento.
- di Tolosa = patente, ritrinciata e pomettata agli angoli, vuota.
- doppiomerlata = con i due bracci recanti una doppia merlatura.
- finestrata = con all'incrocio dei bracci uno spazio vuoto dal quale si vede il campo.
- fioronata = con i quattro bracci terminanti in forma di fioroni.
- gigliata = con i quattro bracci terminanti con gigli araldici.
- latina = con il braccio verticale più lungo del trasversale, che incrocia il primo sopra la sua metà.
- losangata = cfr. «Losangato».
- mulinata = ancorata e finestrata in quadro, tondo o losanga.
- patente = con i bracci che si allargano verso i bordi dello scudo.
- ritrinciata = patente scorciata, i cui bracci terminano a forma di rombo.
- spinata = con i bracci dai contorni forniti di punte, come spine.
- trifogliata = con i bracci che terminano in forma di foglia di trifoglio.
- viticciata = formata da quattro fregi arcuati e arricciati.

Partizioni onorevoli: invece si riferisce alle pezze che ricoprono completamente lo scudo, a intervalli regolari, senza poter stabilire qual è il campo e qual è la pezza


Banda = pezza onorevole costituita da una striscia che unisce il cantone in alto a destra dello scudo con quello in basso a sinistra, occupandone la terza parte della superficie. Può essere «abbassata» o «alzata» rispetto alla sua posizione normale, «diminuita» se è larga meno del normale; si dice «ritirata» se non giunge a uno degli angoli o a nessuno dei due; «contromerlata» quando è merlata dalle due parti, con i merli scambiati di posizione; «doppiomerlata» quando invece i merli sono in esatta contrapposizione; «spinata» se la linea di contorno è a piccole punte; «increspata» se è a forma di minuto zig-zag; «ondata» se è ondulata; «nodosa» se si presenta simile a un ramo d'albero.
Bisante = figura rotonda e piatta, sempre d'oro o d'argento.
Bisante-torta = come il precedente, ma con la superficie composta una parte di metallo e una di colore.
Bordura = pezza onorevole consistente in un bordo su tutti i lati dello scudo, occupante la sesta parte della superficie. Può essere anche «spinata» se la linea di contorno è a piccole punte, o «dentata» se è fatta a zig-zag.
Campagna = pezza onorevole, costituita dalla parte inferiore dello scudo, limitata da una linea orizzontale posta a un terzo dell'altezza; è di solito il sostegno per piante, animali, edifici. Può essere «obliqua» se la linea superiore non è orizzontale.
Cantone destro = costituito da una porzione dello scudo di forma quadrata, un angolo della quale corrisponde al vertice superiore destro dello scudo stesso; occupa un sesto della superficie totale.
Capo = Pezza onorevole di primo ordine che occupa la parte superiore dello scudo, limitata da una retta orizzontale posta a una distanza dal lato superiore pari a un terzo dell'altezza dello scudo stesso. Può avere anche forma triangolare («appuntato»), oppure la linea di base può essere a lunghi denti («cuneato»), a merli («merlato»), curva («ritondato»), oppure non orizzontale («obliquo»); se la base è formata da due linee curve che partono dal centro e arrivano ai lati dello scudo, si dice «mantellato ritondato». Spesso vi sono rappresentate le armi di concessione elargite da sovrani, e quelle degli ordini equestri o religiosi cui apparteneva chi innalzava lo stemma (cfr. i seguenti).
Capo d'Angiò = d'azzurro, a tre gigli d'oro posti tra i quattro pendenti di un lambello di rosso.
Capo di Francia = d'azzurro, seminato di gigli d'oro (antico), o d'azzurro a tre gigli d'oro posti in fascia.
Capo dell'Impero = d'oro, all'aquila spiegata di nero, spesso coronata, talora imbeccata e membrata d'oro; dagli inizi del XV secolo l'aquila può essere bicipite.
Capo dell'Impero d'Oriente = di porpora o di rosso, all'aquila bicipite spiegata e coronata d'oro.
Capo di Leone X = d'oro, alla palla d'azzurro caricata di tre gigli d'oro, 2.1., accompagnata a destra e a sinistra dalle lettere L.X di nero.
Capo di Libertà = di rosso, al motto "Libertas" d'oro.
Capo di Malta = di rosso, alla croce patente e biforcata d'argento.
Capo dei Medici = d'oro, a cinque palle di rosso, poste in cinta, accompagnate in capo da un'altra d'azzurro, caricata di tre gigli d'oro, 2.1.
Capo dell'Ordine di Cristo = di rosso, alla crocetta d'oro.
Capo di Pisa = di rosso, alla croce patente, ritrinciata e pomettata d'argento.
Capo del Popolo Fiorentino = d'argento, alla croce di rosso.
Capo di Santo Stefano = d'argento, alla croce patente e biforcata di rosso.

Aggettivazioni molteplici determinate dalla posizione di una Pezza all'interno dello scudo, o da una sua variante

Abbassato = di una pezza abbassata rispetto alla sua posizione normale.
Accantonato = di partizioni o figure poste a croce.
Acceso = di figura recante una fiamma di smalto diverso.
Accollante = della biscia che passa intorno al collo di un altro animale.
Addossati = di animali o figure disposti dorso contro dorso.
Affibbiato = di figure recanti fibbie di smalto diverso.
Affrontati = di figure disposte una di fronte all'altra.
Aggruppato = degli animali seduti con la testa nascosta nel seno.
Aguzzato = di figura che mostra una o più estremità acute.
Alato = di figure artificialmente munite di ali, o con ali di smalto diverso dal resto.
Allegro = di cavallo rappresentato in atto di muoversi al passo e senza finimenti.
Alto = della spada con la punta rivolta verso l'alto.
Alzato = di una pezza posta in posizione più alta del normale.
Ancorato = di pezza che termina alle estremità a forma di ancora.
Anellato = dei bufali che portano un anello infilato nelle narici.
Annodato = delle figure annodate con corde o nastri.
Aperto = di edifici dall'apertura delle cui porte si vede lo smalto del campo.
Appuntato = di due o più figure con punte o angoli che si toccano; di un capo di forma triangolare.
Appuntito = cfr. Aguzzato.
Ardito = del gallo, rappresentato con la zampa destra alzata.
Armato = della figura umana o parte di essa coperta dell'armatura di smalto diverso dal resto del corpo; del leone con unghie, dell'aquila con artigli, del cinghiale con denti di smalto diverso dal corpo.
Ascendente = di animale in atto di salire su un'altra figura.
Astato = delle armi fornite di asta di smalto diverso dalla parte metallica.
Attorcigliato o Attortigliato = della testa di moro la cui fronte è cinta da una benda.
Aureolato = della figura con aureola.
Bailonante = della figura che esce dalla bocca di un animale o di una figura umana.
Bailonato = degli animali che hanno una figura in bocca.
Banda (in) = di più figure poste nello scudo in diagonale, nel senso della banda.
Banderuolato = di edifici fortificati recanti banderuole o pennoni svolazzanti.
Barbuto = di figura umana recante barba.
Bardato = del cavallo con i finimenti da guerra.
Basso = della spada con la punta rivolta verso il basso.
Battagliato = della campana che reca il battaglio di smalto diverso dal resto.
Bendato = della testa di moro recante una benda sugli occhi.
Benedicente = della mano in atto di benedire con tre dita alzate.
Biforcato = della croce i cui bracci da patenti si incidono divaricando le punte.
Bordato = delle pezze che recano il bordo di smalto diverso.
Bottonato = della rosa araldica, quando il bottone centrale è di smalto diverso; del giglio fornito di stami.
Branchiato = del pesce con le branchie di smalto diverso.
Cadente = della freccia o di altre armi con la punta rivolta verso il basso.
Capovolto = della figura in posizione inversa rispetto al normale.
Centrato = di una pezza arcuata.
Chiomato = di figura umana con i capelli di smalto diverso.
Chiuso = di torri e castelli con porte o finestre chiuse di smalto diverso.
Cinghiato = di animali con una cinghia intorno al corpo.
Cinta (in) = di almeno sei figure poste nello scudo in giro, ad ugual distanza dal bordo.
Cinto = cfr. Cinta (in).
Collarinato = di animale che porta un collare di smalto diverso.
Composto = di pezza formata di scacchi in una sola fila, di colori alternati.
Conficcato = di figura piantata con una punta in un'altra figura.
Confinante = della losanga che tocca con le punte i bordi dello scudo o della parte in cui è diviso
Congegnato = di figura con serrature di smalto diverso
Controcomposto = di due figure o partizioni adiacenti, entrambe composte di due smalti, ma alternati tra di loro.
Contromerlato = di pezza merlata dalle due parti, con i merli scambiati di posizione.
Coperto = di edifici con il tetto di smalto diverso dal resto.
Cordonato = di pezza come composta di cordoni intrecciati.
Coricato = di animali sdraiati in riposo; di pezze a una punta disposte con la punta verso destra; di figure normalmente diritte, poste in senso orizzontale verso destra.
Cornato = di animale con le corna di smalto diverso dal corpo.
Coronato = di figura sormontata da corona.
Corrente = di animali in atto di correre.
Crescentato = di pezza che termina all'estremità con un crescente.
Crestato = di gallo con la cresta di smalto diverso dal corpo.
Croce (in) = di più figure poste nello scudo in modo da formare una croce.
Crociato = di figura divisata da una croce.
Cuneato = di pezza con linea di contorno a lunghi denti a somiglianza di cunei.
Decussato = di figure poste in croce di Sant'Andrea.
Dentato = di pezza con la linea di contorno a forma di denti.
Diademato = di figure umane con diadema sulla testa.
Diaprato = sinonimo di rabescato, ricamato o damaschinato, riferito in genere al campo, a scopo unicamente di abbellimento.
Difeso = di animale, in genere cinghiale, con zanne di smalto diverso dal corpo.
Diminuito = di pezze aventi una larghezza minore del normale.
Divorato = di animale tenuto in bocca da altro animale.
Doppiogigliato = di figura che termina alle due estremità con due gigli araldici.
Doppiomerlato = di pezza merlata dai due lati, con i merli opposti ai merli.
Entrante = di animale che sembra entrare in una partizione con parte del suo corpo.
Fascia (in) = di più figure poste nello scudo orizzontalmente una accanto all'altra.
Fermo = di animale posato su tutte le zampe.
Fiammeggiato = dello scudo troncato in cui la linea di divisione assume una forma di fiamma.
Figurato = delle figure sulle quali appare l'immagine di un volto umano.
Finestrato = di edifici con finestre di smalto diverso dal resto, o della croce che all'incrocio dei bracci ha uno spazio vuoto.
Fioccato = figura coperta di piccoli fiocchi di smalto diverso.
Fiorito = di pianta con fiori di smalto diverso dal resto.
Fioronato = della croce i cui bracci terminano a forma di fiori stilizzati, o della corona ornata di fioroni.
Foderato = di mantelli o padiglioni foderati di altro smalto.
Fogliato = di pianta con fogliame di smalto diverso dal resto.
Forato = di figura con foro circolare al suo interno.
Fornito = di navi con vele e sartiame di smalto diverso dal resto.
Frecciato = delle pezze le cui estremità terminano a punta di freccia.
Fruttifero = della pianta con frutti di smalto diverso da quello del fogliame.
Fumante = di figura producente fumo di smalto diverso dal resto.
Furioso = del bue o del toro ritti sulle zampe posteriori.
Fustato = del giglio araldico fornito di un lungo fusto.
Gigliato = di pezza che termina a una estremità con un giglio araldico.
Gualdrappato = di cavallo coperto di gualdrappa di smalto diverso dal resto.
Guarnito = della spada con la guardia di smalto diverso; della nave con attrezzatura di smalto diverso; in genere di figura con ornamenti di smalto diverso dal resto.
Guinzagliato = di cane o altro animale con gunzaglio di smalto diverso dal resto.
Illeonito = del leopardo posto in posizione di rampante.
Illuminato = di animale con gli occhi di smalto diverso dal resto del corpo.
Imbeccato = di uccello con il becco di smalto diverso dal resto.
Imbrigliato = di cavallo con le briglie di smalto diverso.
Impennato = di freccia con l'impennatura di smalto diverso dal resto.
Impugnato = di più oggetti lunghi incrociati come se si impugnassero.
Inalberato = del cavallo o del liocorno ritti sulle zampe posteriori.
Incassato = di albero piantato in un grande vaso da giardino.
Incatenato = di persona o animale tenuti a catena.
Increspato = di pezza con linea di contorno fatta a zig-zag.
Infiammato = di figure recanti fiamme di smalto diverso dal resto.
Infilato = di figure che passano all'interno di corone o ghirlande.
Ingoiato = di figure rappresentate nelle fauci di animali.
Innestato = di pezza o partizione con linea di contorno curvata come lunghe onde.
Irregolari = di più crescenti disposti in posizione diversa fra di loro.
Lampassato = di animali con la lingua di colore diverso dal resto del corpo.
Laureato = di figura umana con la testa cinta di corona di alloro.
Legato = di figure con legami e lacci di smalto diverso dal resto.
Leopardito = del leone posto in atto di camminare, con una zampa anteriore sollevata e con la testa di profilo.
Levato = dell'orso posto in posizione di rampante, alzato sulle zampe posteriori.
Macchiato = dei mantelli di animali con macchie o striature di smalto diverso dal resto.
Manicato = strumento con il manico di smalto diverso dal resto.
Marcato = del dado per indicare lo smalto dei punti presenti sulle facce.
Mareggiato = di scudo o figura ricoperta di ondato d'argento e di verde, simile a mare.
Membrato = di animali con zampe di smalto diverso dal resto.
Merlato = di pezza o partizione con linea di contorno o di divisione a merli; di edificio recante merlatura.
Montante = di crescente posto con le punte rivolte verso l'alto; di animale posto rivolto verso il lato superiore dello scudo.
Moscato = della pelliccia di alcuni ammali macchiata di colore diverso.
Movente = di figura che sembra nascere da una partizione o da una pezza.
Mozzo = cfr. Reciso.
Mulinato = della croce ancorata e recante nel cuore una apertura quadrata, rotonda o a losanga.
Nascente = di animale che esce con la parte superiore del corpo da una partizione o da una pezza.
Noderoso = di rami di alberi o bastoni che recano protuberanze di nodi disposte in modo alternato.
Nodoso = di pezza rappresentata simile al ramo di un albero.
Nodrito = di piante che nascono da una figura o da una partizione.
Nudo = delle figure umane rappresentate di carnagione.
Obliquo = di figura o linea di contorno posta in posizione obliqua, a differenza della posizione normale che è orizzontale.
Ondato = di pezze o partizioni con linee di contorno o di divisione ondulate.
Orecchiuto = di animali con orecchie di smalto diverso dal resto del corpo.
Orlato = cfr. « bordato ».
Palo (in) = di una o più figure poste verticalmente nello scudo.
Pascolante = di animale fermo, con la testa abbassata, in atto di pascolare.
Passante = di animali in atto di camminare, con una zampa anteriore sollevata.
Patente = di pezza con le estremità che tendono ad allargarsi.
Pergola (in) = di più figure poste nello scudo a formare una Y.
Pieficcato = di figure che hanno il piede aguzzo.
Pieno (scudo) = di scudo coperto di un solo smalto, senza figure.
Piumato = di figura ornata di piume.
Pomettato = di figure le cui estremità terminano con sfere o cerchi.
Posato = di uccello fermo su un'altra figura.
Potenziato = di pezze, in particolare croci, con le estremità terminanti a forma di T.
Punteggiato = di figura seminata di puntini di smalto diverso.
Raggiato = di figura contornata di raggi aggiunti; di figura i cui raggi sono di smalto diverso dal resto.
Rampante = di animale ritto su una delle zampe posteriori.
Rapace = del lupo posto in posizione di rampante.
Reciso = di animale con il tronco tagliato d'un colpo netto; di albero con il fusto segato.
Retroguardante = di animale rivolto verso la destra dello scudo, ma con la testa volta a sinistra.
Ricrociato = di croce i cui bracci recano una traversa perpendicolare prima delle estremità.
Riguardante = di figura animata posta con la testa volta di fronte.
Ripieno = di figura che reca all'interno di una specie di bordura uno smalto diverso da quello del campo.
Ritirato = di pezza più corta del normale, in modo da non raggiungere i bordi dello scudo.
Ritrinciato = trinciato e nuovamente trinciato nella prima o nella seconda sezione; della croce patente scorciata, i cui bracci terminano a forma di rombo.
Ritondato = del capo con la linea di base curva.
Riverso = dello scaglione disposto in fascia.
Rivolto = di animali o figure volte verso la sinistra dello scudo.
Rostrato = dell'aquila con il becco di smalto diverso.
Rovesciato = di figura messa in posizione contraria al normale; di crescente con le punte rivolte verso il basso.
Saliente = di animale ritto sulle zampe posteriori o in atto di salire su un'altra figura.
Saltante = di animale in atto di saltare.
Sanguinante = di membra di animali recise, stillanti sangue.
Saracinescato = di scudo o figura ricoperti di saracinesca.
Sbarra (in) = di più figure poste nello scudo nella direzione della sbarra.
Scaglione (in) = di figure poste fra loro nello scudo a forma di scaglione.
Scalinato = di figure o di linee di contorno di pezze fatte a scalini.
Scorciato = delle pezze che non arrivano a toccare con le estremità i bordi dello scudo.
Secco = delle piante senza fogliame.
Sedente o Seduto = degli animali che riposano sulle zampe posteriori.
Semipotenziato = delle pezze che recano le estremità a forma di gamma.
Sonagliato = di figura ornata di sonagli.
Sorante = di uccello che sta spiccando il volo.
Spezzato = di pezze formate di due parti disgiunte.
Spinato = di pezze con le linee di contorno a forma di spine.
Sradicato = di albero o altra pianta che mostra le radici.
Stelato = di piante e fiori con lo stelo di smalto diverso dal resto.
Stellato = di figura o pezza cosparsa di stelle di smalto diverso.
Tegolato = di edifici che hanno il tetto di smalto diverso dal resto.
Trifogliato = della croce i cui bracci terminano a forma di trifogli.
Uscente = di figura che appare con la metà verticale, come se uscisse da una partizione o da una pezza.
Vaiato = scudo o pezza coperti di vaio (cfr.) di smalti diversi dall'argento e dall'azzurro.
Vestito = di figure umane o loro parti coperte di vesti.
Viticciato = della croce formata da quattro fregi arcuati e arricciati.
Volante = di uccello o animale mitico in atto di volare.
Volto = di crescente posto con le punte volte verso la destra dello scudo.
Vuoto = di figure forate internamente nel senso della figura stessa, in modo da lasciar vedere il campo.

Le molteplici Figure che nel linguaggio araldico definiscono le posizioni all'interno dello scudo, oppure le sue varianti

 

Crocetta = piccola croce, spesso in numero, scorciata; può avere i quattro bracci che terminano a punta («aguzzata»), a foggia di ancora («ancorata»), di fiorone («fioronata»), di trifoglio («trifogliata»), o che tendono ad allargarsi («patente»); se solo l'estremità inferiore è aguzza si dice «pieficcata»; i bracci possono terminare con una piccola sfera («pomata»), o con una traversa perpendicolare a formare una T («potenziata»), oppure con una traversa posta prima delle estremità, in modo da formare una piccola croce («ricrociata»); infine può essere vuota internamente, in modo da lasciar vedere il campo («vuota»).
Divisa = fascia alta un settimo dell'altezza dello scudo; spesso posta sotto il capo al fine di dividerlo dal campo.
Fascia = pezza onorevole alta un terzo dell'altezza dello scudo, passante orizzontalmente per il centro. Può essere in posizione più alta del normale («alzata») o più bassa («abbassata»), può avere le linee di contorno merlate con i merli giustapposti («doppiomerlata») o alternati («contromerlata»), a forma di denti («dentata»), a forma di zig-zag («increspata»), a forma di punte simili a spine («spinata»), ondulate («ondata»), può avere il solo lato inferiore a merli («merlata rovescia»), può avere un'altezza inferiore al normale («diminuita») oppure non arrivare ai lati dello scudo («ritirata»).
Fascia-palo = fascia e metà inferiore di un palo uniti senza linea di divisione e di uno stesso smalto.
Fascia-scaglione = fascia e scaglione congiunti senza linea di divisione e di uno stesso smalto.
Fianco destro = lembo laterale dello scudo, adiacente al lato destro; la linea di divisione dal campo può essere appuntita verso il centro («appuntato»).
Filetto = pezze onorevoli (croce, fascia, banda, palo) ridotte sottilissime, in alcuni casi sovrapposte a una linea di partizione; può essere a zig­zag («increspato») o ondulato («ondato»).
Gemella = fascia, sbarra, banda, palo o scaglione formati da due strisce di larghezza ridotta, assommanti, insieme allo spazio intermedio, a un terzo della larghezza dello scudo; può avere le stesse varianti delle pezze semplici.
Lambello (o rastello) = pezza formata da una sottile striscia orizzontale da cui pendono da uno a sei brevi elementi verticali (pendenti); di solito è posto nel capo dello scudo.
Losanga = pezza della forma di rombo equilatero; se più 1osanghe si toccano per i vertici si dicono «accollate»: in tal modo si possono formare una banda, una croce, una fascia, un palo o una sbarra di losanghe.
Palo = pezza onorevole costituita da una porzione dello scudo posta verticalmente e passante per il centro, larga un terzo della larghezza complessiva dello scudo stesso. Può avere le linee di contorno con merlature alternate («contromerlato») o contrapposte («doppiomerlato»), oppure merlato da un solo lato («merlato»); può essere di larghezza minore del normale («diminuito»), con linee di contorno a zig-zag («increspato»), ondulate («ondato»), o con gli estremi che tendono ad allargarsi («patente»).
Palo-fascia = metà superiore di un palo, incrociato con una fascia dello stesso smalto, senza nessuna divisione.
Pergola = pezza formata dalle parti superiori di una banda e di una sbarra e dalla parte inferiore di un palo, incontrantisi al centro dello scudo. Qui appare solo «rovesciata», cioè in posizione contraria alla normale.
Pila = pezza onorevole formata da un triangolo isoscele con la base corrispondente a un terzo del lato superiore dello scudo e il vertice terminante nella punta.
Plinto = pezza rettangolare, simile ad un mattone, posta in genere verticale.
Punta = pezza triangolare avente la base corrispondente al lato inferiore dello scudo e il vertice al centro dello stesso.
Quarto franco = pezza quadrata posta nell'angolo superiore destro o sinistro dello scudo, più piccola della quarta parte dello stesso e più grande del «Cantone».
Rastello = cfr. Lambello.
Sbarra = pezza onorevole larga un terzo dello scudo che ha le estremità nel cantone superiore sinistro e in quello inferiore destro; può essere in posizione più alta del normale («alzata»), di larghezza minore («diminuita»), con merlatura contrapposta («doppiomerlata») o alternata («contromerlata»), ondulata («ondata»), oppure può non arrivare ai bordi dello scudo («ritirata»).
Scaglione = pezza onorevole costituita dalle parti inferiori di una banda e di una sbarra terminanti nel loro punto d'incontro in cuore. Può essere collocato in posizione più bassa del normale («abbassato») o più alta («alzato»), può avere larghezza minore («diminuito»), recare una merlatura («contromerlato»), essere rivolto verso i fianchi dello scudo («coricato») o «rovesciato», può avere le linee di contorno a zig-zag («increspato») o a scala («scalinato»), oppure le due parti possono non arrivare a incontrarsi al centro («spezzato»).
Scaglionetto = scaglione ridotto a metà della sua larghezza.
Scaglione-fascia = figura composta da uno scaglione che parte dal centro dei lati dello scudo, e da una fascia, senza alcuna divisione.
Scudetto = pezza a forma di piccolo scudo d'arme.
Scudetto di Firenze = d'argento, al giglio bottonato di rosso.
Scudetto di Francia = d'azzurro, a tre gigli d'oro, 2. 1.
Scudetto di Gangalandi = inquartato di nero e d'argento.
Scudetto dell'Impero = d'oro, all'aquila spiegata di nero, spesso coronata del campo.
Scudetto dell'Impero d'Oriente = di porpora o rosso, all'aquila bicipite, spiegata e coronata d'oro.
Scudetto d'Inghilterra = di rosso, a tre leopardi d'oro posti uno sull'altro.
Scudetto dei Medici = d'oro, a cinque palle di rosso, poste in cinta, accompagnate in capo da un'altra d'azzurro, caricata di tre gigli d'oro 2. 1.
Scudetto del Popolo Fiorentino = d'argento, alla croce di rosso.
Stella = figura araldica a 5 o più punte (fino a 16).
Terza = fascia o scaglione, larghi complessivamente un terzo della larghezza dello scudo, formati da tre strisce parallele alternate a spazi di campo.
Torta = pezza rotonda, sempre di colore o di pelliccia; se piccola si dice «Tortello».
Triangolo = pezza a forma di triangolo equilatero; può essere «vuoto» all'interno.

Partizioni onorevoli

Bandato = scudo totalmente coperto da numero pari di bande di due smalti alternati, in modo che non è possibile distinguere quali sono le bande e quale il campo. Le linee di contorno possono essere merlate con i merli contrapposti («doppiomerlato»), a forma di zig-zag («increspato»), ondulate («ondato»).
Burellato = scudo fasciato almeno di dieci pezzi, con due smalti alternati. Qui è presente solo «increspato», cioè con le linee di divisione a zig-zag.
Cancellato = scudo caricato di tre o più cotisse poste in banda e di tre o più poste in sbarra, intrecciate.
Cerchiato = scudo che presenta una successione di cerchi concentrici di due smalti alternati, terminante al centro con una piccola figura rotonda. Il termine è usato anche per indicare le botti che presentano cerchi metallici di smalto diverso.
Controfasciato = scudo fasciato che sembra partito, le due parti smaltate di due smalti alternati.
Fasciato = scudo coperto di fasce di due smalti alternati; si blasona prima la fascia adiacente al lato superiore. Può essere con le linee di contorno a forma di merli («doppiomerlato»), di zig-zag («increspato»), ondulate («ondato»); se lo scudo è partito e una parte reca l'ordine degli smalti invertito rispetto all'altra si dice «controfasciato».
Fiancato rifondato = scudo che ha due pali addossati ai bordi destro e sinistro, larghi i due terzi di un palo normale, con il contorno curvilineo.
Gheronato = scudo coperto di gheroni, formati da linee di partizione che si intersecano al centro, in numero di sei o otto.
Graticolato = scudo ricoperto di bande e sbarre incrociate; simile a «cancellato».
Losangato = scudo interamente coperto di losanghe di due smalti alternati; si blasona iniziando dalla losanga posta nell'angolo superiore destro.
Muragliato = scudo ricoperto di filetti incrociati che formano come gli interstizi dei mattoni di una muraglia; il termine si usa anche per indicare una figura con mattoni di smalto diverso dal resto.
Palato = scudo coperto di pali di due smalti alternati; si blasona partendo dal palo più a destra dello scudo; può anche essere con le linee di contorno a zig-zag («increspato») o ondulate («ondato»).
Sbarrato = scudo ricoperto di sbarre di due smalti alternati; si blasona iniziando dallo smalto del cantone superiore destro.
Scaccato = scudo ricoperto di 36 scacchi di due smalti alternati.
Scagliato = scudo ricoperto di figure simili a squame arrotondate in basso e aguzze in alto, di due smalti alternati.
Scaglionato = scudo ricoperto di scaglioni di due smalti alternati.
Sfioccato = partizione dello scudo analoga allo «scagliato» (cfr.), ma in cui le squame hanno la forma di fiocchi allungati.

Partizioni

Calzato = partizione dello scudo formata da due linee rette o curve («ritondato»), che partono dai cantoni superiori dello scudo e si riuniscono nella punta.
Cappato = scudo nel quale dal centro del lato superiore partono due linee curve che terminano nel centro dei bordi laterali.
Inquartato = scudo diviso in quattro parti uguali da due linee perpendicolari o da due linee trasversali («decussato»); le quattro parti possono essere tutte diverse o uguali due a due alternate.
Interzato = scudo diviso in tre parti uguali da due linee parallele orizzontali («in fascia»), verticali («in palo»), oblique («in banda»); si blasona iniziando dalla parte di destra e dalla più alta; è sempre composto di tre smalti diversi.
Mantellato = scudo suddiviso da due linee che partono dal centro del lato superiore e giungono agli angoli inferiori. Il capo «mantellato ritondato» ha la linea di base spezzata al centro e formata da due segmenti curvi.
Partito = scudo diviso a metà da una linea verticale che congiunge il centro del lato superiore al centro della punta; si blasona prima la parte destra. La linea di divisione può essere a zig-zag («cuneato»), a merli («merlato»), ondulata («ondato»).
Sinistrato = scudo diviso perpendicolarmente da una linea non passante per il centro, in modo che la parte sinistra così formata, di smalto diverso, non ecceda il terzo della larghezza dello scudo.
Tagliato = scudo diviso in due parti uguali da una retta che unisce l'angolo superiore sinistro a quello inferiore destro; tale linea può essere a zig-zag («cuneato»), a merli («merlato»), ondulata («ondato»), o a grandi e profonde onde («innestato»). Si può dire anche di una pezza o altra figura anziché di uno scudo.
Trinciato = scudo diviso in due parti uguali da una retta che unisce l'angolo superiore destro a quello inferiore sinistro; tale linea può essere a zig-zag («cuneato»), a merli («merlato»), ondulata («ondato»), a scalini («scalinato»). Si può dire anche a una pezza o altra figura, anziché di uno scudo.
Troncato = scudo diviso in due parti uguali da una retta orizzontale passante per il centro; tale linea può essere a zig-zag («cuneato»), ondulata («ondato»), simile a fiamma («fiammeggiante»), a lunghe onde («innestato»), a merli («merlato»), spezzata a forma di scaglione. Si può dire anche di una pezza o altra figura, anziché di uno scudo.

Figure: sono invece riunite tutte le figure di altro genere che si possono rinvenire su uno scudo, quali animali, piante, oggetti naturali o artificiali, figure umane, simboli religiosi
Aggettivi: riporta le molteplici aggettivazioni che nel linguaggio araldico determinano la posizione di una figura all'interno dello scudo, oppure una sua variante

Agnello = normalmente d'argento, può essere rappresentato sdraiato in riposo («coricato»), nell'atto di camminare, con la sola zampa destra anteriore sollevata («passante»), dritto e rampicante su qualche figura («saliente»), nel momento di essere divorato da un altro animale («divorato»); in un caso reca due teste. L'Agnello Pasquale è passante, aureolato, tenente uno stendardo crociato.
Alabarda = arma medievale, a forma di scure, con una lunga asta.
Albero = senza specificazione della specie, è in genere posto in palo e può essere «fiorito» o «fruttifero» di smalto diverso. Gli A. al naturale sono rappresentati con tronco marrone e chioma verde. Può avere le radici esposte («sradicato»), può essere piantato su un'altra figura («nodrito») oppure uscire da una pezza o partizione («movente»), può essere piantato in una cassetta da giardino («incassato») o avere il tronco segato («reciso»).
Alerione = piccola aquila con ali aperte e abbassate, mostrante il petto, con il becco, i rostri e gli artigli mozzati.
Ancora = di solito rappresentata in palo, con due o tre uncini in basso.
Anelletto = piccolo anello piatto.
Anello di catena = anello che unisce un certo numero di catene.
Anello coniugale = fede nuziale.
Anello incastonato = anello recante una pietra preziosa.
Angelo = in figura di giovane sbarbato, con lunghe ali e il corpo in maestà. Può anche essere rappresentato da un putto nudo.
Animale = sono qui raccolte le figure di Animali di difficile o impossibile identificazione. Possono essere rappresentati in atto di pascolare («pascolante»), in atto di camminare («passante»), ritti su una delle zampe posteriori («rampante»), riposante sulle zampe posteriori («sedente»), in atto di saltare («saltante»), oppure la sola testa di profilo.
Ape = di solito montante, con le ali mezze aperte.
Aquila = figura convenzionale, con il corpo di fronte, ali aperte, testa voltata verso destra, zampe divaricate, coda distesa verso la punta dello scudo. Se le penne delle ali sono rivolte verso l'alto si dice «a volo spiegato», se sono verso il basso si dice «a volo abbassato». Se esce con la metà superiore del corpo da una partizione o da una pezza si dice «nascente», se esce con la metà verticale del corpo si dice «uscente»; rappresentata in atto di spiccare il volo si dice «sorante», se è ferma è «a volo chiuso». Può avere di smalto diverso i rostri («armata di ...»), la lingua («lampassata di ...»), le zampe («membrata di ...») o il becco («imbeccata di ...»); si presenta spesso «coronata».
Aquila bicipite = rappresentata come la precedente, ma con due teste, una volta a destra e una a sinistra.
Aquilotto = aquila di piccole dimensioni o più aquile nello stesso scudo.
Arca = simile a una cassa di varia forma, oppure sinonimo di bara.
Archipenzolo = strumento per edilizia, a forma di squadra a braccia uguali, da cui pende un filo a piombo.
Arcione = figura convenzionale; la parte della sella fatta a forma di arco.
Arco da Arcere = normalmente posto in palo, con la corda a destra; se è munito di freccia si dice «armato».
Arcobaleno = sbarra smaltata di rosso, oro e verde.
Ariete = rappresentato in atto di camminare («passante»), simile a capra.
Armilla = anelli posti concentricamente nello scudo, qui presenti solo in numero di due.
Arnese = strumenti utili per vari lavori.
Arpa = strumento musicale di forma triangolare, con il lato più lungo curvo.
Asta di Stadera = braccio graduato della bilancia a un solo piatto, lungo il quale scorre il peso.
Badile = specie di pala di ferro con manico di legno, usata per lavori agricoli.
Balestra = arma simile ad arco; di solito rappresentata in palo, munita di freccia.
Bandiera = nome generico indicante le insegne in tessuto; il bastone che la sorregge può essere di smalto diverso («astata di ...»).
Barca = piccola imbarcazione.
Bastone = banda molto diminuita in larghezza e spesso «scorciata»; può terminare alle estremità con un crescente («crescentato»), con un giglio alle due estremità («doppiogigliato») o a una sola («gigliato»), può avere un'estremità appuntita («pieficcato»), oppure essere simile a un ramo di albero («nodoso»).
Bastone di comando = verga o mazza che serve di distintivo di dignità civile o militare.
Berretta = copricapo di velluto portato anticamente dai nobili; i gonfalonieri di Firenze lo avevano rosso ornato di ermellino.
Bertesca = specie di torretta di legno posta nei luoghi più alti delle fortificazioni per osservare il nemico e combatterlo al coperto.
Bicchiere = si intende qui esclusivamente un bicchiere senza stelo.
Bilancia = del tipo a due piatti.
Bisaccia = paio di borse di tela unite con due cinghie, da viaggio.
Biscia = serpente posto ondeggiante, generalmente in palo, con il capo volto a destra. Se passa intorno al collo di un altro animale si dice «accollante», se esce con la parte superiore del corpo da una partizione o da una pezza si dice «nascente». Può essere presente la sola testa di profilo.
Bolzone = grossa freccia da balestra, con una capocchia o ferro smussato in luogo della punta.
Bomba = rappresentata come una palla dalla parte superiore della quale esce una fiamma.
Borsa = può essere «legata», «aperta» o «chiusa».
Bosco = insieme di alberi al naturale.
Botte = contenitore di legno cerchiato di ferro per conservare liquidi.
Bozzolo = involucro di seta prodotto da diversi insetti.
Braccio = braccio umano, non uscente dai lati dello scudo, spesso posto in palo; può mostrare il colore della manica di cui è coperto («vestito di ...») oppure dell'armatura («armato di ...»).
Braciere = recipiente metallico, nel quale si tiene la brace accesa.
Branca = zampa di leone, di grifone o di orso, recisa o strappata; se gli artigli sono di smalto diverso si dice «armata di ...».
Breve = sinonimo di cartiglio; striscia svolazzante recante scritto un motto.
Brocca = vaso per conservare liquidi, con manico e beccuccio.
Bue = rappresentato con la coda pendente, al contrario del toro che ce l'ha rivolta sul dorso. Può essere sdraiato in riposo («coricato»), in atto di correre («corrente»), mentre riposa sulle quattro zampe («fermo»), ritto sulle zampe posteriori («furioso»), in atto di camminare («passante»), «uscente» con metà del corpo da una partizione o pezza o lembo dello scudo, o con il corpo mozzato di un colpo netto («reciso»). Può esserci solo la testa di profilo o posta di fronte («rincontro di b.»).
Bufalo = è presente qui solo la testa di fronte («rincontro di b.»); in genere reca un anello al naso («anellato di ...»).
Bulbo = sono riuniti sotto questa voce bulbi di vario genere, come cipolle e agli, singolarmente o riuniti in treccia («corda di b.»).
Busto umano = ordinariamente di fronte o di profilo.
Caduceo = bastone di Mercurio, sul quale sono attorcigliati due serpenti con le teste affrontate e con le code divergenti, cimato da un volo spiegato o da due semivoli.
Caldaia = recipiente di metallo, per far bollire liquidi.
Calice = bicchiere a stelo.
Camicia = impiegata come figura parlante.
Cammello = rappresentato riposante sulle quattro zampe («fermo») o in atto di camminare («passante»).
Campana = se il battaglio è di smalto diverso si dice «battagliata di ...».
Candela e Candeliere = le candele sono sempre rappresentate accese. Il candeliere può essere un semplice portacandela o un candelabro a più luci.
Cane = sono riunite sotto questa «voce» le diverse razze che possono essere presenti in un blasone. Può portare un collare di smalto diverso («collarinato di...») o un guinzaglio («guinzagliato di...»); è rappresentato in atto di salire su un'altra figura («ascendente») o sdraiato in riposo («coricato»), in atto di correre («corrente»), «fermo» sulle zampe, in atto di camminare («passante»), ritto su una delle zampe posteriori («rampante») o seduto sulle zampe posteriori («seduto»). Se esce con la metà del corpo da una partizione o pezza si dice «nascente»; può essere rappresentata la sola testa di profilo o di fronte («rincontro di c.»).
Canestro di rose = paniere con un manico, ricolmo di rose al naturale.
Capanna = ricovero fatto di paglia o simile.
Cappello prelatizio = cappello ecclesiastico di colore diverso secondo la dignità ricoperta, con cordoni laterali formanti nappe di vario numero.
Capricorno = animale favoloso, mezzo capro e mezzo delfino.
Capro = può essere rappresentato in atto di salire su un'altra figura («ascendente»), in atto di correre («corrente»), di camminare («passante»), in posizione dritta su una zampa posteriore («saliente»); se il corpo è mozzato con un colpo netto si dice «reciso», se esce con la parte superiore del corpo da una pezza o da una partizione si dice «nascente»; può esserci solo la testa di profilo o di fronte («rincontro di e.»).
Cardo = pianta con gambo e foglie spinosi e calice terminante con una coroncina a punte.
Carello = cuscinetto quadrato per sostenere il cimiero o per ricamarvi armi femminili.
Carroccio = carro di guerra degli antichi Comuni, recante le insegne comunali, un altare e la campana.
Cassa = contenitore di varia forma.
Castello = edificio fortificato, merlato, munito di una o più torri («turrito di 1, 2, 3 pezzi»); se reca porte o finestre chiuse di smalto diverso si dice «chiuso di ...», se invece le reca aperte in modo da vedere il campo si dice «aperto di ...» e lo smalto del campo.
Catena = posta in varie posizioni; spesso, più catene, unite da un anello (cfr.) e moventi dagli angoli dello scudo.
Catenaccio = lungo ferro che si fa scorrere negli anelli fermati nelle due ante di una porta per tenerle chiuse.
Cavallo = può essere rappresentato mentre si muove al passo privo di finimenti («allegro»), o con tutte le zampe alzate come se stesse superando un ostacolo («corrente»), ritto sulle zampe posteriori («inalberato»), in atto di pascolare («pascolante»), di camminare («passante»); può essere rappresentata la sola testa di profilo o la sola groppa recisa. Se reca briglie di smalto diverso si dice «imbrigliato di ...», se tutta la bardatura, «bardato di ...».
Centauro = figura chimerica, con il corpo di cavallo e il busto di uomo.
Cerbero = cane mitologico con tre teste e con la coda di serpente.
Cercine = strisce di stoffa, attorcigliate e ripiegate a ciambella, poste sulla sommità dell'elmo.
Cervo = se è di rosso si blasona «al naturale». Può essere sdraiato in riposo («coricato»), in atto di correre («corrente»), di camminare («passante»), posato sulle quattro zampe («fermo»), ritto sulle zampe posteriori o rampicante su qualche figura («saliente»); può esserci la sola testa di profilo o di fronte («rincontro di c.»), o le sole corna; se esce con la parte superiore del corpo da una pezza o partizione si dice «nascente».
Cherubino = testa di puttino sostenuta da piccole ali spiegate.
Chiave = di solito in palo; quando sono due sono spesso decussate (simbolo pontificio).
Ciclamoro = grande anello, posto isolato nello scudo.
Cicogna = si riconosce dal becco sempre rosso; di profilo, su una zampa o ritta sul nido.
Cigno = normalmente d'argento e di profilo; se appare con la parte superiore del corpo uscente da una partizione o da una pezza si dice «nascente».
Cimbalo = strumento musicale a tastiera.
Cinghiale = di solito di profilo con la coda arricciata; reca spesso grosse zanne di smalto diverso («difeso di ...») che lo distinguono dal porco; molte volte reca una cinghia intorno al corpo («cinghiato di ...»); può essere rappresentato in atto di salire su un'altra figura («ascendente»), di camminare («passante»), ritto sulle zampe posteriori («rampante»); la sola testa di profilo si dice «grugno di c.».
Cingolo = larga fascia di cuoio tenuta dai cavalieri intorno alla vita per appendervi la spada e lo scudo.
Cipresso = albero con tronco diritto e chioma conica; può essere rappresentato con le radici scoperte («sradicato») oppure piantato su una figura o su una partizione («nodrito»).
Civetta = sempre di profilo, con la testa di fronte.
Clava = grosso bastone che si allarga arrotondandosi a una estremità; usato da Ercole.
Clessidra = orologio a polvere.
Collare da torneo = anello con cinque protuberanze che i cavalieri tenevano intorno al collo per fermare l'elmo alla corazza.
Colomba = quasi sempre rappresentata con un ramo d'olivo nel becco; può essere ferma su un'altra figura («posata»), in atto di spiccare il volo («sorante») o di volare («volante»).
Colonna = può essere anche rappresentata «spezzata», oppure la sola «base».
Coltello = strumento con manico e lama tagliente solo da una parte; se il manico è di smalto diverso si dice «manicato di ...».
Cometa = stella con un raggio più lungo degli altri.
Compasso = normalmente aperto, con le punte rivolte verso il basso.
Conchiglia = in genere mostra la parte convessa.
Coppa = vaso a calice molto largo e poco profondo.
Corallo = ramo di corallo
Corazza = armatura di metallo per difendere il corpo del guerriero.
Corda = formata da fili attorcigliati insieme.
Corno da caccia = strumento musicale curvo, con la campana volta verso destra; può essere fornito di un nastro colorato («legato di ...»).
Cornucopia = corno pieno di fiori, frutta e spighe.
Corona = solo come figura principale e non posta per incoronare un'altra figura. Può essere «chiusa» (cerchio sormontato di diademi curvati ad arco ), «comitale» (cerchio gemmato, rialzato di nove perle visibili), «fioronata» (cerchio gemmato, con rialzi a forma di fioroni), «nobiliare» (cerchio rialzato da cinque perle visibili), «radiata» o «all'antica» (terminante con punte o raggi, senza fioroni o perle). Si possono trovare anche c. di lauro, di quercia, di spine, accompagnate da foglie di palma, e corone del Rosario.
Crivello = grosso staccio con fondo di cuoio o metallo bucherellato, che serve per mondare il grano.
Cuore = stilizzazione dell'organo umano, spesso recante superiormente una fiamma («infiammato di ...»).
Dado = piccolo cubo con punti segnati sulle facce («marcato di ...») per vari giochi.
Delfino = di solito di profilo, curvo, con la testa e la coda verso destra («guizzante in palo»); se è orizzontale si dice «nuotante».
Delta = figura in forma di triangolo equilatero vuoto.
Destrocherio = braccio umano destro, che esce dal lato sinistro dello scudo; può essere coperto con la manica di un abito («vestito di ...») o da un'armatura («armato di ...»).
Diamante = pietra preziosa sfaccettata.
Drago = animale chimerico rappresentato con la bocca spalancata, corpo di rettile, zampe di aquila, artigli di leone, coda di serpente e ali di pipistrello; può apparire «reciso», cioè con la parte finale del corpo mozzata di un colpo netto, oppure uscente con la parte superiore del corpo da una partizione o da una pezza («nascente»).
Elefante = sempre rappresentato fermo, oppure con la sola testa.
Elmo = copricapo dei guerrieri, spesso ornato di piume («piumato di ...»).
Falce = strumento agricolo o arma antica con lama ricurva e manico spesso di smalto diverso («manicata di ...»).
Falcone = uccello rapace rappresentato fermo su qualche figura («posato»), o in atto di spiccare il volo («sorante») o in volo («volante»).
Faretra = astuccio per frecce.
Fascio consolare = verghe riunite insieme con una scure, portate dai littori nell'antica Roma, come simbolo di autorità.
Fauno = divinità dei campi rappresentata in forma umana con corna e zampe di capra e coda.
Fede = due mani che si stringono.
Fenice = uccello chimerico che ogni 500 anni si poneva sul rogo («immortalità») per bruciarsi e poi rinascere.
Ferro di lancia = punta della lancia, rivolta verso l'alto.
Ferro di molino = formato da due semicerchi, uno volto a destra e l'altro a sinistra, uniti da due piccole sbarre, con un vuoto quadrato nel mezzo.
Ferza = più strisce di cuoio attaccate a un manico, per frustare animali.
Fiamma = lingua di fuoco con tre o cinque punte.
Fiasca = bottiglia rivestita di paglia.
Fibula = fibbia antica di varia forma.
Figura composta = figura formata dall'unione di due figure divise a metà.
Fiore = voce generica. Può avere lo stelo e le foglie di smalto diverso dal resto («stelato di ...»; «fogliato di ...»).
Fiume = rappresentato generalmente con una serie di linee ondulate, (cfr. anche Riviera).
Foglia = voce generica.
Fontana = struttura architettonica con getti d'acqua.
Forbice = rappresentata sempre aperta.
Forcella da archibugio = ferro terminante a forma di U, sul quale veniva appoggiata la canna dell'archibugio.
Fortuna = figura allegorica rappresentata come una figura femminile che corre su un globo o su una ruota, trasportata da una vela gonfiata dal vento.
Freccia = se è posta con la punta rivolta verso il basso si dice «cadente».
Fulmine = fascio di fiamme con quattro saette poste in croce di S. Andrea.
Fuso da filare = strumento di legno, lungo, tornito, sottile nelle punte, che si usa per filare.
Gallo = può essere rappresentato con la zampa destra alzata («ardito»), posato sulle due zampe («fermo»); se ha la cresta di colore diverso si dice «crestato di ...»; può esserci anche la sola testa o la sola cresta.
Gamba = l'arto umano reciso alla coscia.
Gambero = si rappresenta sempre montante in palo.
Gatto = mostra sempre occhi e orecchi; può essere in atto di camminare («passante»), ritto su una zampa posteriore («rampante»), seduto sulle zampe posteriori («sedente»); è rappresentata anche la sola testa di profilo o di fronte («rincontro di g.»).
Ghianda = frutto della quercia.
Ghirlanda = corona di fiori o di fronde.
Giglio = figura convenzionale costituita da tre foglie, di cui due incurvate verso il basso, riunite alla base da una stanghetta; se tra le dette foglie o petali escono lunghi stami e pistilli, si dice «bottonato», se è munito di un lungo fusto, si dice «fustato», se appare solo per metà, diviso da una partizione o da una pezza, si dice «uscente».
Giglio da giardino = è il fiore al naturale, normalmente d'argento, con stelo e foglie.
Giogo = arnese di legno curvo che si mette al collo dei buoi, per tirare il carro o l'aratro.
Globo imperiale = sfera solitamente d'oro, ornata di gemme e sormontata da una croce, simbolo imperiale.
Gonfalone = bandiera con pendenti, portata da un guerriero o posta su una torre o castello.
Granchio = rappresentato sempre di fronte.
Graticola di San Lorenzo = strumento di martirio del Santo.
Grifone = animale chimerico con il capo, le ali, la metà superiore del corpo e le zampe anteriori di aquila, le zampe posteriori e la coda di leone; se appare con la parte superiore del corpo da una partizione o da una pezza si dice «nascente»; è presente anche la sola testa.
Gru = è rappresentata di profilo, con la zampa destra alzata tenente un sasso detto «vigilanza».
Guanto d'arme = guanto di ferro, parte dell'armatura del guerriero.
Gufo = sempre posto di fianco, con la testa di fronte.
Immortalità = il rogo della fenice.
Incudine = strumento in ferro su cui si battono i metalli.
Inferriata = figura formata da «bastoni» scorciati e intrecciati.
Insegne pontificie = costituite dalle chiavi di San Pietro decussate e dal triregno.
Lancia = nobile arma medievale formata da lunga asta con ferro in punta a forma di rombo.
Leone = senza nessuna specificazione è posto in posizione di «rampante», volto verso la destra dello scudo, con tutte le zampe in posizione diversa, con la coda ripiegata sul dorso e con la nappa curva all'esterno; se in questa posizione la testa guarda verso la sinistra dello scudo si dice «retroguardante», se è tutto volto verso la sinistra si dice «rivolto», se la testa guarda di fronte si dice «riguardante»; può anche essere posto di profilo, fermo sulle quattro zampe («fermo»), in atto di camminare e con la testa di profilo («leopardito»), seduto sulle zampe posteriori («seduto»), uscente con la parte superiore del corpo da una partizione o da una pezza («nascente») o uscente con la metà verticale del corpo («uscente»); può essere anche rappresentata la sola testa di profilo. Se la lingua è di smalto diverso si dice «lampassato di ...», se lo sono gli artigli, «armato di ...». Un leone di piccole dimensioni o in numero, si dice «leoncello».
Leopardo = simile a un leone, è di solito posto in atto di camminare («passante»), con la testa che guarda di fronte e la coda rivolta sul dorso e ripiegata all'infuori; se poggia le quattro zampe sul terreno si dice «fermo», se è in posizione rampante si dice «illeonito»; può anche essere «seduto» sulle zampe posteriori.
Lepre = presente in genere in stemmi parlanti.
Lettera dell'alfabeto = spesso rappresenta i cognomi, il nome del feudo oppure simboleggia affetti e virtù; può anche essere l'iniziale dei concessori dell'arma.
Libro = può essere aperto o chiuso.
Liocorno = animale mitologico con il corpo di cavallo, il mento barbato, gli zoccoli bovini, la coda di leone e il corno in fronte; può essere in atto di correre («corrente»), di camminare («passante»), ritto sulle zampe posteriori («inalberato»), uscente con la parte superiore del corpo da una partizione o da una pezza («nascente»).
Lunello = quattro crescenti affrontati in cuore, con le estremità congiunte fra loro in modo da formare una specie di rosa.
Lupo = può essere rappresentato in atto di correre («corrente»), di camminare, con la coda pendente («passante»), ritto sulle zampe posteriori («rapace»), uscente con la parte superiore del corpo da una partizione o da una pezza («nascente»).
Macina = pietra di forma circolare, per macinare il grano.
Mannaia = grossa scure a doppio taglio.
Mano = in genere la mano destra, mostrante il palmo e posta in palo; può mostrare parte della manica del vestito di smalto diverso («vestita di ...»).
Mano d'aquila = zampa d'aquila sostenente un semivolo.
Mare = è rappresentato nella parte inferiore dello scudo.
Marra = specie di zappa con il ferro largo e corto, per lavorare la superficie del terreno.
Martello = può avere il manico di smalto diverso («manicato di ...»); è anche rappresentata la sola parte metallica («Ferro di martello»).
Massacro = testa di capro o di cervo scarnificata e posta di fronte.
Mattone = figura a parallelepipedo.
Mazza = bastone con punte di ferro, usato in battaglia come arma di offesa.
Mazzafrusta = grossa palla di ferro chiodata e appesa per una catena a un bastone, usata come arma offensiva.
Merlo di torre = elemento architettonico a coronamento di muri, torri, ponti, e castelli.
Mitria = cappello prelatizio a forma pentagonale, diviso alla sommità in due punte, e con due nastri pendenti.
Molle da fuoco = strumento di ferro formato di due lunghe branche, per prendere carboni accesi.
Monachetto = ferro a uncino, usato per tenere chiusa una porta.
Monogramma di Cristo = monogramma composto dalle lettere greche X e P, incrociate.
Montagna = rappresentata al naturale, con una sola cima, solitamente movente dalla punta dello scudo.
Monte = rappresentato convenzionalmente da cilindri coperti di calotte sferiche corrispondenti alle cime (da 1 a 15 cime); possono uscire dalla punta dello scudo, da una partizione o da una pezza, o essere isolati.
Montone = il maschio della pecora, rappresentato con o senza corna e coda; può essere «coricato», in atto di salire su un'altra figura («ascendente»), in atto di camminare («passante»), ritto sulle zampe posteriori («saliente»), oppure la sola testa di profilo o di fronte («rincontro di m.»).
Morsa = rappresentata da due tenaglie unite, dentate internamente.
Morso di cavallo = arnese di ferro da porre in bocca ai cavalli e al quale si attaccano le redini.
Mortaio = vaso di pietra o metallo, per pestare droghe o simili.
Motto = frase in genere sentenziosa, spesso in latino, posta all'interno dello scudo.
Muraglia = sinonimo di muro.
Nastro = striscia di tessuto o carta, in genere «sventolante».
Nodo d'amore = cordone intrecciato in modo da formare un cerchio attraverso il quale passano le estremità.
Obelisco = monumento con base quadrangolare, a forma di guglia allungata.
Occhio di Dio = occhio racchiuso in un triangolo circondato da raggi.
Olivo, ramo di = riconoscibile per la presenza di foglie e frutti; spesso nel becco di una colomba.
Ombra di sole = il sole, che solitamente è rappresentato recante i tratti del volto umano, riprodotto senza figurazione.
Orso = si rappresenta «fermo», oppure alzato sulle zampe posteriori («levato»), in atto di camminare («passante») o «sedente»; se esce con la parte superiore del corpo da una pezza o da una partizione si dice «nascente».
Ostensorio = arredo sacro di metallo prezioso, per esporre ai fedeli il SS. Sacramento.
Padiglione = tenda militare.
Pala = strumento con una parte larga e piatta di ferro e un lungo manico di legno.
Palafitta = capanna piantata mediante lunghi pali nel suolo sommerso.
Palazzata = serie di edifici visti in prospettiva.
Palla = figura sferica, recante in genere un'ombreggiatura che ne rende il rilievo.
Palma = è rappresentato l'albero completo oppure solamente un ramo con foglia.
Pantera = può essere rappresentata ritta su una zampa posteriore («rampante»), in atto di camminare («passante») o «sedente», oppure può esserci la sola testa di profilo. La p. «chimerica» è un animale mostruoso con il corpo, le zampe posteriori e la coda di leone, la testa di drago, spesso cornuta, le zampe anteriori di grifone, vomitante fiamme.
Pastorale = bastone episcopale, terminante con una curva a spirale.
Pecora = può essere in posizione di riposo («coricata»), in atto di correre («corrente»), con la testa abbassata a pascolare («pascente»), in atto di camminare («passante»), ritta sulla zampe posteriori («rampante»), in atto di salire su un'altra figura («saliente»).
Pera = spesso rappresentata con foglie di smalto diverso («fogliata di ...»).
Pesce = sempre rappresentato di profilo; può esserci anche la sola testa.
Peso di stadera = oggetto di metallo usato per fare il contrappeso nelle bilance a piatto unico.
Pestello = strumento per pestare nel mortaio.
Pianta = voce generica; può nascere da un'altra figura o da una partizione («nodrita»), avere le radici esposte («sradicata»), o essere tagliata («recisa»). In questa voce si fa riferimento anche ai soli «semi di ...».
Picca = arma antica, formata da un lungo legno sottile, guarnito all'estremità da un pezzo di ferro aguzzo e piatto.
Piccone = strumento di ferro a due punte lunghe, con lungo manico, per spezzare macigni o terreno.
Pigna = elemento architettonico decorativo a forma di pina.
Pilastro = elemento architettonico a base quadrangolare, simile a colonna.
Pina o Pigna = frutto del pino.
Pino = albero dalla chioma ad ombrello; può recare pine di smalto diverso(«fruttato di ...»); può essere con le radici esposte («sradicato») o nascere da una figura o partizione («nodrito»).
Porco = reca spesso una cintura intorno al corpo («cinghiato di ...»); si distingue dal cinghiale perché non ha le zanne; può essere rappresentato «fermo», in atto di camminare («passante»), ritto sulle zampe posteriori («rampante»), o la sola testa («grugno di p.»).
Pugnale = arma da taglio, corta, con lama a doppio taglio e aguzza.
Punto = segno rotondo molto piccolo.
Quadrato = figura quadrata perfetta.
Quattrofoglie = fiore araldico formato da quattro petali, senza bottone centrale.
Radice = può recare foglie di smalto diverso.
Raggio di carbonchio = pietra sfaccettata (carbonchio) circondata da otto raggi a forma di scettro.
Rastrello = arnese con lungo manico e un elemento traverso munito di denti grossi e radi.
Riccio = piccolo animale con aculei.
Rincontro = testa di animale vista di fronte.
Riviera = fiume che scorre sotto un ponte.
Roccia = montagna dirupata al naturale che si pone di solito nella punta dello scudo.
Rocco = figura convenzionale del gioco degli scacchi, formata da due corna sopra una base.
Rosa = figura convenzionale formata da cinque petali con un bottone centrale; tra i petali talvolta appaiono dei sepali; se il bottone centrale è di smalto diverso si dice «bottonata di...».
Rosaio, ramo di = rosa al naturale, con stelo e foglie.
Rotella = scudetto circolare, in genere caricato da figure.
Roveto = insieme di rami spinosi.
Ruota = normalmente rappresentata a otto raggi.
Ruota di Santa Caterina = ruota a sei raggi, armata di lame a uncino, strumento di martirio della Santa.
Ruota di mulino = l'elemento girevole, a pale, tipico dei mulini a vento.
Salamandra = si rappresenta sempre in mezzo a un rogo («infiammata di..»), rivoltata e con la coda rialzata sul dorso.
Saracinesca = sei pali scorciati e appuntiti in basso, con cinque traverse, a foggia di cancello pensile posto all'entrata di castelli o di città.
Scala = a pioli di numero variabile.
Scalandrone = specie di palo doppiomerlato (cfr.).
Scettro = asta d'oro, variamente ornata, insegna reale.
Sciabola = arma da taglio, di lama piatta e appuntita, in genere leggermente curva.
Scimitarra = sciabola alla turca, con lama corta e ricurva.
Scorpione = si rappresenta posto in fascia, con la coda alzata.
Scure = arnese di ferro tagliente, con lama triangolare larga, con robusto manico.
Scure consolare = scure posta entro un fascio di verghe legate.
Sega (foglia di) = banda o fascia dentata soltanto nel lembo inferiore.
Selvaggio = uomo irsuto, cinto e coronato di foglie, talora figurato come Ercole, con la clava e con la pelle di leone sulle spalle, (cfr. Figura umana).
Semivolo = l'ala di destra dell'aquila; può essere con le penne rivolte verso il basso («abbassato») o verso l'alto («levato»).
Serafino = testa di puttino in maestà, contornato di sei piccole ali.
Sfera armillare = congegno formato di vari cerchi di metallo, mobili, nel cui centro è un piccolo globo che raffigura la Terra.
Sfera del fuoco = fascia concava, scintillante d'oro verso il basso.
Sigillo = strumento per apporre sigilli, simile a un timbro.
Sinistrocherio = avambraccio umano sinistro, uscente dal lato destro dello scudo; si può presentare coperto di abito («vestito di ...») o di armatura («armato di ...»).
Sirena = figura chimerica rappresentata con la parte superiore del corpo di donna e quella inferiore di pesce.
Sole = si raffigura rotondo e figurato, raggiante; può essere in atto di sorgere («nascente»).
Sonaglio = sferetta cava di metallo, con una fessura e una pallina all'interno.
Spada = arma con lunga lama appuntita e tagliente, con l'impugnatura spesso di smalto diverso («guarnita di ...»); può essere posta in palo, con la punta verso l'alto («alta») o verso il basso («bassa»); più raramente è posta orizzontale («in fascia»).
Sperone = arnese di metallo con una rotella con punte, per incitare il cavallo.
Speronella = rotella di sperone, come una stella a 6 punte forata al centro.
Spina di botte = cannella che si inserisce nelle botti.
Squadra = strumento a forma di triangolo rettangolo.
Staffa = arnese che pende ai lati della sella per infilare i piedi cavalcando.
Stola sacerdotale = larga e lunga striscia di tessuto, ricamata, tenuta al collo dai sacerdoti durante le funzioni religiose.
Succhiello = arnese con manico di legno e fusto sottile di ferro, con la punta attorta a spirale.
Tavoletta d'abaco = tavoletta per fare i conti.
Tenaglia = strumento formato da due leve incrociate e imperniate, per afferrare o stringere.
Testa di moro = testa di re moro, posta di profilo, in genere con una benda intorno alla fronte («attorcigliata di ...») o davanti agli o­chi («bendata di ...»).
Tiara pontificia = copricapo papale, cimato da un globo crociato d'oro, contornato di tre corone d'oro sovrapposte e munito di due fasce pendenti.
Torcia = bastone resinoso recante una fiamma di smalto diverso («accesa di ...»).
Toro = si distingue dal Bue per aver la coda rivolta sul dorso; può essere ritto sulle zampe posteriori («furioso»), «fermo» sulle quattro zampe, in atto di camminare («passante»), «sedente» sulle zampe posteriori, «coricato», o in atto di salire su un'altra figura («ascendente»); può essere rappresentata la sola testa di fronte («rincontro di t.») o di profilo.
Torre = edificio fortificato e merlato.
Torsello = balla di panno legata.
Tribolo = strumento di ferro a quattro punte.
Tridente = forcone con tre rebbi.
Trifoglio = foglia araldica a tre lobi, con il picciolo girato.
Tripode = sgabello di bronzo a tre piedi.
Trofeo d'armi = composizione decorativa formata di armi.
Tromba = genericamente, strumento musicale a fiato.
Uccello = voce generica; può essere «fermo» sulle zampe, in atto di camminare («passante»), «posato» su una figura, in atto di spiccare il volo («sorante»), o in volo («volante»).
Uncino = arnese curvo e adunco.
Vascello = nave da guerra a vele.
Vaso = di varia forma, se ha due manici si dice «biansato»; può recare una fiamma che ne esce («infiammato di ...»).
Vento = testa di putto di profilo, soffiante con forza; il soffio è raffigurato da un fascio di lineette uscenti dalla bocca e divergenti.
Vigilanza = il sasso tenuto dalla «gru» con la zampa alzata.
Vite = può essere rappresentata la pianta intera («ceppo di v.») o solo un ramo; in genere reca uva di smalto diverso dal resto («fruttata di ...»).
Volo = le due ali dell'aquila congiunte insieme; può essere con le penne rivolte verso l'alto («levato» o «spiegato») o verso il basso («abbassato»).
Volpe = può essere rappresentata in atto di correre («corrente»), ritta sulle zampe posteriori («rampante») o in atto di camminare («passante»), generalmente con la coda ritta perpendicolarmente.
Zappa = arnese agricolo formato da larga e robusta lama ricurva, fissata a un manico di legno.

Gli Smalti, i Colori e le Pelli dello Stemma


Gli Smalti sono l’argento e l’oro; i Colori sono il rosso, l’azzurro, il verde, il porpora, il nero, l’arancio.
Se devono essere riprodotti in policromia non esistono problemi di sorta, mentre se devono essere riprodotti n monocromia, su qualsiasi supporto, viene utilizzato il sistema inventato dal francese Vulson de la Colombière nel XVIII secolo che consiste nelle seguente codice grafico:
L’oro punteggiando lo scudo
l’argento fondo bianco senza nessun tratto grafico
il rosso linee perpendicolari
l’azzurro linee orizzontali
il verde linee diagonali da destra a sinistra
il porpora linee diagonali da sinistra a destra
il nero linee orizzontali e perpendicolari incrociate
l’arancio linee perpendicolari e diagonali da sinistra a destra incrociate.
Il naturale e la carnagione non hanno alcun segno grafico distintivo
I significati degli smalti e dei colori:
l’oro è il simbolo del sole, per le virtù spirituali rappresenta: fede, giustizia, carità, clemenza, temperanza; per le virtù umane: felicità, amore, nobiltà, sovranità, gloria
l’argento è il simbolo della luna, per le virtù spirituali rappresenta: verginità, innocenza, umiltà, purità; per le virtù umane: clemenza, gentilezza, allegria, vittoria, sincerità.
Il rosso per le virtù spirituali rappresenta: amore ardente verso Dio e la giustizia; per le virtù umane: vendetta, audacia, coraggio, valore, dominio, desiderio ardente, forza, magnanimità
L’azzurro per le virtù spirituali rappresenta: devozione, fedeltà, castità, santità; per le virtù umane:
bellezza, vigilanza, amor di patria, buon augurio, fama e gloria.
il verde per le virtù spirituali rappresenta: amore, amicizia, abbondanza, civiltà; per le virtù umane: vigore, onore, cortesia, vittoria
il porpora per le virtù spirituali rappresenta: fede, temperanza, castità, devozione; per le virtù umane: regia dignità, liberalità, ricompensa d’onore, signorilità, sovranità
il nero per le virtù spirituali rappresenta: fermezza, costanza, saviezza, prudenza, onestà; nei tornei rappresenta la tristezza
Le Pelli sull’Arme si fanno risalire all’uso antico di coprirsi di pelli di animali feroci in battaglia per intimorire il nemico e sono in araldica l’Ermellino ed il Vajo (simile al visone o al varo un animale che si suppone vivesse in Africa).
L’Ermellino graficamente è rappresentato su fondo bianco seminato da code nere dette “moscature”. Il Vajo è rappresentato su campo azzurro (linee orizzontali) su quattro file di campanelle bianche.

 

DE COGNOMINUM ORIGINE

Si sono occupati delle origini dei cognomi illustri studiosi fra i quali meritano di essere ricordati: Ludovico Antonio Muratori (1672 - 1750), letterato e storico, che nel terzo volume delle Antiquitates Italiae ha trattato "De cognominum origine"; Giovanni Flèchia (1811 - 1892), filologo e glottologo; Augusto Gaudenzi (1858 - 1916) giurista; Bruno Migliorini (1896), linguista, a cui dobbiamo l’opera "Dal nome proprio al nome comune"; Carlo Tagliavini (1903), linguista; A. Bongianni; A. Bertoldi; Giandomenico Serra; Dante Olivieri; Angelico Prato; Gerhard Rohlfs (1892), filologo tedesco, che ha legato il suo nome alla questione dell’origine delle colonie linguistiche dell’Italia Meridionale, ridotte oggi a due piccole isole sull’Aspromonte, intorno a Bova, e nel Salento, tra Lecce e Otranto. Il Rohlfs, sulla base dei ricchi materiali dialettali che in lunghi anni di indagini era andato raccogliendo nell’estremo Sud d’Italia, ha sostenuto la loro discendenza diretta dalla colonizzazione operata dagli Elleni emigrati al tempo della Magna Grecia. Fra le sue opere ricordiamo: "Scavi linguistici nella Magna Grecia" (1934); "Dizionario dialettale delle tre Calabrie" (1932-39); "Dizionario etimologico della Grecità Meridionale" (1930), ripubblicato nel 1964. Il Rohlfs ha tenuto una conferenza il 25/10/1967 al Museo Nazionale di Reggio sull’origine e fonti dei cognomi in Italia. Alle opere citate si è attinto per la stesura del seguente lavoro.
U N P O’ D I S T O R I A - L’onomastica è un ramo della linguistica storica che comprende l’antroponimia, o studio dei nomi propri di persona (antroponimi) e la toponomastica, o studio dei nomi di luoghi. L’analisi e l’interpretazione dei cognomi può essere condotta in tre direzioni: - in senso storico - in senso semantico - in senso regionale geografico. La semantica, ricordiamo, si occupa della ricerca sistematica delle variazioni e dello sviluppo del senso dei vocaboli nel corso dei secoli. Il lavoro che ci accingiamo a svolgere considera e abbraccia tutti e tre gli aspetti indicati. Per fare un discorso organico è, comunque, opportuno fare alcune premesse di carattere storico. Negli ultimi secoli dell’impero Romano l’antico sistema onomastico latino si andò trasformando e finì per essere abbandonato. Al posto della rituale composizione dei tre nomi (prenome, nome e cognome), Caius Julius Caesar, Marcus Tullius Cicero, Quintus Horatius Flaccus, Pubblius Vergilius Maro, Pubblius Ovidius Naso, Titus Maccius Plautus, Pubblius Cornelius Tacitus, autori questi delizia e tormento dei nostri studi liceali, prende sempre maggior diffusione una tendenza a servirsi del solo cognome: Ambrosius, Arcadius, Asellus, Euphemius, Heraclius, Hostilius, Marcius, Pompilius, Priscus, Tullius. Sembra che questo passaggio dal sistema dei tre nomi ad un solo nome unico sia dovuto al sistema onomastico usato presso i Greci (Aristotele, Platone, Socrate) e presso altri Popoli Orientali (Chefren, Cheope, Dareius, Gioser, Micerino, Ramses, Senefru, Kambyses). Nell’epoca delle invasioni barbariche un notevole contingente di nomi germanici viene ad accrescere la già grande varietà di questi nomi individuali: Abelardus, Arnaldus, Berengarius, Bernardus, Edoardus, Gilbertus, Grimaldus, Gualfredus, Manfredus, Rudulfus, Raimondus, Randolfus. Si può dire che già intorno all’ottavo secolo il vecchio sistema onomastico dei tre nomi aveva finito praticamente per essere sostituito dal nuovo nome unico. Questo sistema non poteva escludere il frequente ripetersi di certi nomi, dando luogo a confusioni e a malintesi. Sorse, quindi la necessità di distinguere coloro che portavano nomi uguali mediante una nuova distinzione individuale. Al nome unico viene sostituendosi man mano un nuovo sistema, composto da Nome e Cognome: Giuseppe Barbalonga, Francesco Cavallo, Angelo Curto, Emilio Grasso, Vincenzo Longo, Domenico Lupo, Giulio Malatesta, Piero Orso. Il nome aggiunto, che in origine serviva ad individuare una sola e definita persona, poco a poco, tende a consolidarsi come vero cognome di famiglia, cioè come casato, facendosi ereditario e trasmissibile da padre in figlio e da questo alle generazioni seguenti. Questo sviluppo si osserva fin dal secolo IX, affermandosi prima nelle famiglie Nobili, più tardi anche nel ceto Borghese, mentre nelle campagne, presso i Contadini, il nome unico individuale resistette più a lungo. Ciò è provato da documenti notarili del XIII secolo in Piemonte e Veneto dove i nomi dei testi appartenenti al Ceto Borghese sono segnati con il doppio nome, mentre, contemporaneamente, in certi elenchi di villani essi figurano più frequentemente con un nome solo. La stessa situazione si presenta in Calabria. Fra i 28 villani che sono menzionati in un documento di Oppido Mamertina (1188) quindici figurano con un solo nome. SULL’ ORIGINE dei COGNOMI. Il Cognome che spesso risultava da un Soprannome poteva anche derivare da quello Paterno, i così detti nomi patronimici: Gregorio di Livio, Roberto Costantino, Angelo Filippo. Più indietro nel tempo troviamo cognomi che aggiungono al nome del padre anche il nome del nonno: Filippo di Angelo di Bruno, Antonio di Pasquale di Bartolo. Spesso il cognome è un genitivo latino o una latinizzazione del nome del tipo: De Angelis, De Benedettis, De Carolis, De Matteis, De Tiberis, De Vincentis. Alcuni Casati hanno un’origine Matronimica, accennano cioè a una remota origine matriarcale: Labella, Labianca, Lagalante, Lagatta, Lagrassa, Lagreca, Lafata, Lamaestra, Lamancusa, Lamarca, Lamonica, Lamotta, Lanuzza, Lapiana, Lapuzza, Larosa, Latagliata, Latarantina. Il Cognome poteva riferirsi a un Luogo di Origine: Archilocus Grecus, Goffredus Longobardus, Cornelius Romanus. Allo stesso modo nomi di città, paesi, fiumi sono serviti alla loro formazione: Africa, Algeri, Amalfi, Amazzonia, Amalfi, Ancona, Arezzo, Assisi, Avellino, Avignone; Barcellona, Bari, Barletta, Belgio, Belluno, Bergamo, Berlino, Brescia, Brindisi, Bova; Calatafimi, Canicattì, Campobasso, Catona; Del Gange; Eboli; Ferrara, Fiorenza; Gaeta, Genova, Gerace; In Galilea, Italia; Livorno, Lipari, Locri, Lodi, Londra; Mantova, Marsala, Marsiglia, Matera, Melito, Medina, Messina, Mestre, Milano, Milazzo; Napoli, Nicotera, Nizza; Orvieto; Palermo, Posillipo, Pesaro, Puglia; Ragusa, Ravenna, Reggio, Riggio, Rimini, Rodi; Salerno, Savona, Scilla, Seminara, Sicilia, Sinopoli, Siracusa, Siviglia, Sorrento, Spagna, Spezzano, Straniero; Taranto, Tebe, Tevere, Tolosa, Torino, Trapani, Tropea;Venezia, Ventimiglia, Vercelli; Zante. Altre volte il Cognome è nato da un Aggettivo Etnico, Aggettivo di Provenienza: Africani, Albanese, Alemanno, Amalfitano, Asiatico; Bulgarelli; Catalano, Cardolo, Corea, Crovatto; Greco; Ellade; Fiorentino; Lombardo; Messineo; Napolitano; Ottomano; Padovano; Sabino, Saraceno, Siciliano, Siracusano, Sorrentino; Tartaro, Tedesco, Toscano, Turco; Umbro; Veneziano. Anche il Mestiere Esercitato da un Antenato ha dato origine alla formazione dei casati: Astrologo; Barberi, Barbieri, Barcaiolo, Barillaro, Bottai; Cameriere, Capraro, Commercio, Curatola (capo dei mandriani); Ferrara (fabbro ferraio), Ferraiolo, Foderaro; Indovino; Logiudice, Loprete; Maniscalco, Muratore; Ortolano; Paleologo, Papa (parroco), Pastore, Pecoraro, Pescatore, Pignataro, Porcaro, Postino, Privitera (prete); Scarpaio, Scrivano, Sergente, Someraro (conduttore di bestie da soma); Tagliaferri; Vaccaro. Moltissimi sono i Cognomi che sono nati da un Vecchio Nomignolo o Soprannome. Questi soprannomi possono essere Metaforici, Scherzosi, Ingiuriosi e non mancano i Pornografici: Caccavale, Caccavari, Cacopardo, Cacozza, Cacurri, Chiappalone, Chiappetta, Cullone; Fotti, Frega; Maccarrone, Marchetta; Pipitò; Rognetta. Moltissimi sono legati all’Ambiente Agricolo: Aceto, Accetta, Agreste, Avena; Boschetto, Bosco, Burrone; Calafiore, Cardo, Castagna, Cavoli, Ceci, Cedro, Cespuglio, Cicero, Cipolla, Cocco, Cotogno; Erba; Faggio, Farina, Fava, Favuzza, Ficara, Fiore, Fiordaliso, Fiorellino, Fiorello, Fiorito, Fiumara, Fiume, Foresta, Fossato, Fosso; Garofalo, Garofali, Gelsomino, Giardino, Giglio, Ginestra, Girasole; Lupini, Luppino; Mandarino, Melograni, Meloni, Montagna, Monte; Nespoli, Nucara; Oliva, Olivo; Pagnotta, Pagliaro, Palma, Palmara, Pasta, Pepe, Pino, Pisellini, Pomara, Pomo, Pomodoro, Porcino, Pota, Puzzanghera; Quercia, Quercegrossi; Racina, Racinaro, Radice, Rosa, Roseti, Rovere, Ruvolo; Salice, Scorza, Sorbo, Spina; Tomo, Trifoglio, Tulipano; Uva; Vigna, Viola, Viti. Molti ripropongono il nome di Animali: Adorno, Agnelli, Agnello, Aguglia, Aquila, Ape, Api; Barbagianni, Bufalo, Buffa; Cagnino, Cagnolo, Capretti, Caprino, Castorina, Cavalli, Cavallo, Cicala, Colomba, Colombo, Coniglio, Cornacchia, Cucco; Delfino, Drago; Faggiano, Falco, Falcone, Felini, Foca, Formica; Gallina, Gallo, Gatto, Grillo; Leone, Lione, Lupo; Merlo, Morello, Mosca; Orsa; Palumbo, Passero, Pavone, Pecora, Pellicano, Pesce, Pesci, Piccione, Pisacane, Polli, Porcelli, Porchi, Porcino, Porcu; Quaglietta; Ragno, Riccio; Sardina, Sorci; Tallarida, Tonni, Topa, Torella, Torelli, Tortorella, Tortora, Triglia; Vitellino,Volpe; Zampaglione. Alcuni Cognomi sono in forma di un Aggettivo Qualificativo o un Sostantivo: Accetta, Acciarino, Afflitto, Allegra, Allegro, Alto, Amore, Aquilone, Arcano, Ardente, Asciutto; Bagnato, Bambino, Barbaro, Barbuto, Barca, Barchetta, Beato, Beatino, Belligerante, Berretta, Bianco, Boccuni, Botta, Botti, Bottone, Brigante, Brina, Bucca, Burrone; Calore, Campagna, Campanella, Campo, Canale, Candela, Candido, Cannone, Cantore, Capanna, Caporale, Cappelli, Cappuccio, Carbone, Cardinale, Carrozza, Carta, Cartella, Cartone, Chiodo, Cisterna, Cloro, Cocchiara, Corda, Cristiano; Danno, Devoto, Divino; Faraone, Fato, Fausto, Fede, Fedele, Ferro, Festa, Fiaccola, Fiamma, Fiammella, Fiumara, Fiume, Flora, Flotta, Folla, Fontana, Fonte, Fonti, Fornace, Fornello, Foro, Fortuna, Fossato, Freni, Freno, Fumante, Furia; Galante, Gamba, Gentile, Generoso, Geniale, Genio, Gigante, Gioia, Gioiello, Golfo, Giubilo, Gonnella, Grasso, Grazioso, Guerriero; Ignoti, Innocente, Ioculano; Lampada, Leale, Lento, Letizia, Libertà, Libri, Longo, Lotta, Leale, Lucente; Madonna, Magno, Magro, Malizia, Maniglia, Mansueto, Martello, Martire, Matarazzo, Mazzotta, Merenda, Mezzo, Migliore, Minuto, Mirabile, Modesto, Mollica, Monaca, Montagna, Monte, Muro, Muto; Nasone, Nevoso, Novena; Onesto, Oriente, Oro; Pace, Pacifico, Padiglione, Pagano, Palco, Pagnotta, Pani, Panico, Panza, Papa, Papale, Parola, Paura, Pavido, Pedale, Penna, Pennacchio, Perla, Piana, Piano, Piazza, Piccolo, Pignata, Piluso, Poeta, Ponte, Porto, Preferito, Previti, Probo, Puntura, Pupo, Puzzo; Quieto; Raspa, Retta, Retto, Rito, Ritto, Riva, Rotella, Rotondo, Rubino, Rullo; Sacchetto, Sacco, Sala, Salvezza, Santone, Sapienza, Sapone, Saldi, Sassi, Sasso, Scala, Scalzo, Scarpa, Scudo, Sereno, Serio, Severo, Sicuro, Spada, Spinoso, Stivala, Strano; Talamo, Tardivo, Tazza, Tedioso, Temerario, Tetto, Tigano, Timone, Timpano, Tizzone, Tondino, Tondo, Torre, Torrente, Tosto, Tramontana, Tromba, Trombetta, Tranquilla, Tuta, Turbante; Vainiglia, Valente, Valle, Valletta, Vallone, Varco, Vassallo, Vasta, Vento, Vergine, Vero, Versi, Vetta, Viale, Vicini, Vigilante, Vigile, Vigoroso, Villeggiante, Vivace, Voce, Vulcano; Zampogna, Zolfo, Zona. Aggettivo o Sostantivo unito talvolta con preposizione e/o articolo: Dell’Aquila, Della Foresta, Delle Fave, Del Mondo, Della Mura, Del Mare, Del Medico, Del Monaco, Del Mondo, Del Monte, Dell’Olio, Dell’Osso, Del Pozzo, Del Prete, Della Sorte, Della Spina, Della Tana, Della Valle, Delle Vergini; Labella, Labruna, L’Afflitto, Lacagnina, La Falce, La Ficara, La Fronte, La Greca, La Maestra, La Mancusa, La Manna, La Marca, Lammendola, Lamonica, La Motta, Lanucara, Lapera, La Piana, Lapira, La Polla, La Porta, La Puzza, La Rocca, La Rosa, La Russa, La Scala, La Serra, La Spada, La Tella, La Torre, Lavena, Lobianco, Lobiundo, Lobrutto, Locicero, Loduca, Lofaro, Loforte, Logatto, Lo Giudice, Lomonaco, Lonigro, Loperfido, Lopiccolo, Lorusso, Loscalzo, Loschiavo, Lotennero, Lotorto, Lovecchio, Loverde, Loverso, Lovetere. Certi Cognomi nascono da anteriori nomignoli che sembrano riferirsi a un Tratto Caratteristico o ad un Episodio di cui ignoriamo i particolari: Abbisso, Alacqua, Almonte, Ancora, Andaloro, Andarivieni; Baratta, Barbagallo, Barbitta, Bisogni, Bomba, Bombarda, Bombino, Borbotti, Bottino, Brogna, Buffa; Cantando, Cardamone (neonato di ghiro), Celibato, Centofanti, Centonze, Cocchiara, Concerto, Cotrupi (vaso di creta con manico rotto), Cunsolo; Dentone, Delperciò, Dichi, Dichiera, Di Dio, Difatta, Diprima, Distratto; Ecioci; Fenice, Forforoso; Galeotti, Giuro, Grilletto; Inguardia, Interior; Lotto; Macchione, Mammone, Marziano, Menonna, Misericordia, Mollo; Occhielli, Orizzonte; Pallonetto, Panacea, Panvino, Paradiso, Pascone, Pasqua, Passeggia, Pedone, Pellegrino, Pettinato, Presto, Pricoco, Proscenio; Quagliata, Quaresima, Quintino; Ricordo, Rinato, Riso, Risorto, Ristagno, Ritorto, Ritto, Rombo, Romito; Salivo, Salvaguardia, Salvato, Scapolo, Schiava, Scolaro, Scrivo, Sonsogno, Svelo; Teofilo, Tidona, Tosse, Treccase, Trotta, Trovato, Tuffo; Umanisti; Venuto, Volo. Poi vi sono i Cognomi che Scandiscono il Tempo: Febbraio, Marzo, Aprile, Maggio, Settembre, Dicembre, Autunno, Primavera, Alba, Odierna, Sera. Non mancano dei Cognomi che corrispondono a Semplici Numeri: Zero, Cento, Cinque, Tredici, Venticinque, Quaranta, Sessanta, e ad Aggettivi Numerali Ordinali: Primo, Secondo, Quinto, Ottavi. Si hanno anche casati che attingono alla mitologia: Cerere; Diana; Enea, Ercole, Ettore; Giove; Marte, Mercurio, Merlino, Minerva; Nettuno, Ninfa; Orlando; Saturno; Teti; Urano. Alla Bibbia: Abramo, Adamo, Aronne; Baldassarre; Eden, Elia, Erode; Giacobbe; Lazzaro; Salamone, Sansone, Simone. Alla Storia e alla Letteratura: Agrippa, Agrippina, Alessandro, Alfieri, Artaserse; Cassio, Catone; Eneide; Faraone; Morgante; Napoleone, Narsete; Omero, Orfeo; Parini, Pilato, Pipino, Pompeo; Quirino; Regolo, Remo, Romolo, Rinaldo; Saladino, Savoia, Scevola; Tarpea, Tramaglino; Virgilio; Zeffiro. Assai tipici sono certi Cognomi Composti: Abatangelo, Altimari, Altobianchi, Altobruno, Altomonte, Armagrande; Beldono, Belfante, Belfiore, Belgenio, Bellafine, Bellanova, Bellantonio, Bellaspina, Bellavista, Bellavita, Bellomare, Bellomunno, Belmondo, Belmonte, Belmusto, Belpane, Belsito, Belvedere, Benfatto, Bencivenga, Benincasa, Benintende, Bentivoglio, Benvenuto, Bevilacqua, Bevacqua, Biancorosso, Boccadiferro, Boccafurri, Bonaccorso, Bonadonna, Bonaiuto, Bonasera, Bonanno, Bonavoglia, Bonocore, Bonerba, Bongarzone, Bongiorno, Bonfiglio, Bonomo, Bonsignore, Bontempone, Bonvento, Bonvicino, Bruttomesso, Buonafede, Buonaguro, Buonanotte, Buongusto, Buonpane, Buontempo, Buontempone; Caparotta, Capobianco, Capoduro, Capomolla, Caponera, Centofanti; Gambacorta; Lucibello, Lucifora, Lucisano; Malafarina, Malamisura, Malaponti, Malaspina, Malavenda, Maldonato, Malerba, Mastrandrea, Mastrangelo, Mastrogiorgio, Mastroianni, Mastroieni, Mastromatteo, Mastronardi, Mastrosimone, Mastrovalerio, Mazzaferro, Mezzatesta, Montalto, Montecucco, Monteduro, Montefiore, Montegrosso, Montenero, Monterosso, Montesano, Mezzanotte, Mezzatesta; Notarnicola; Papalia, Papasergio, Papasidero; Quattrocchi; Sanguedolce, Santacaterina, Santacroce, Santamaria, Santostefano. Altra interessante categoria di nomignoli che sono diventati dei veri casati si presenta nella forma composta verbo più sostantivo, sostantivo più verbo e verbo più avverbio: Amaddeo; Badalì, Benintende, Bentivoglio, Benvissuto, Bevilacqua, Bevivino, Bruciafreddo, Buttafava; Calamosca, Calcaterra; Faibene, Falabella, Fracapane, Frangipane; Mangialavori, Mangiameli, Mangiapane, Mangiaracina; Pappalardo, Parlagreco, Passavanti, Passalacqua, Pensabene; Saltalamacchia, Spaccaferro, Sucameli; Tiralongo; Vadalà; Zappalà, Zappavigna. Abbiamo un tipo di cognomi che hanno preso origine da una formula di Augurio: Bencivinni, Benivegna, Benvenuto, Bondì, Bonanno; Diotallevi. Molti cognomi palesano subito l’Origine Regionale: Addotta (nome di un pesce), Amendolea (mandorlo); Buffa (rospo); Cardamone (neonato di ghiro), Caruso (ragazzo); Garreffa (avena selvatica); Silipo (nome di una graminacea); Tallarida (pipistrello). Nelle composizioni con il suffisso iere si rivela spesso un cognome di origine Normanna: Berlingieri; Cambarieri, Canzonieri; Franconieri; Gualtieri, Guarnieri; Malgeri; Olivieri; Pellizzieri; Ruggieri; Scuteri; Zavettieri. Accennano ugualmente a una provenienza Francese altri cognomi: Borello; Contestabile; Gagliardi; Flesca, Ferraudo, Fulco; Lancellotti; Orlando; Ricciardi; Toraldo. Gran parte di questi cognomi appartiene all’Onomastica Germanica importata in Francia dalla dominazione dei Franchi. Altri cognomi di origine Germanica sono introdotti in Italia dagli Ostrogoti e Longobardi: Aghinolfi, Arnaldo; Bernardo, Bertoldo; Gilberto, Gismondo; Filiberti; Garibaldi, Girardenghi, Grimaldi; Lamberti, Landolfi; Mainardi, Manfredi; Rinaudi, Romualdi. Assai facilmente si riconoscono i cognomi di origine Spagnola: Alicante, Alvaro; Cordova; Fernandez; Gonzales; Lopez; Martinez; Ramirez; Salazar, Siviglia. L’elemento Arabo si riflette in molti dei cognomi della Sicilia e della Calabria: Abenavoli (figlio di Abul), Alì (alto, elevato); Bosurgi (grande); Fazzari (fabbricante di stuoie); Gangemi (applicatore di mignatte); Macaluso (liberato), Macheda (fermo, stabile), Marraffa (ammaestrato), Modafferi (vittorioso), Morabito (eremita), Mulè (padrone); Nesci (giovane); Rechichi (schiavo); Saccaro (portatore d’acqua), Saladino (giustizia della fede); Taibi (buono); Vadalà (servo di Dio), Varacalli (benedizione di Dio); Zagami (vacca), Zizzi (splendido). Per l’elemento Albanese citiamo i cognomi Camodeca e Chidichimo.

ORDINE TEMPLARE

Ordine Ospedaliero di S. Maria del Tempio di Salomone in Gerusalemme. Celebre ordine cavalleresco fondato a Gerusalemme nel 1118 con compiti di assistenza. Arma antica: “troncato d’argento e di nero, caricato nel primo dalla crocetta patente di rosso”poi modificata in: “D’argento al capo di nero, alla croce latina di rosso passante con la traversa coincidente con la linea di partizione”. Nel 1145 papa Eugenio III concesse all’ordine uno stemma assai più semplice: “d’argento alla croce patente di rosso scorciata”. Motto: NON NOBIS DOMINE, SED NOMINI TUO DA GLORIA”. Avevano un gonfalone che popolarmente era detto Boucéant (o meglio: Beau Séant). Fu soppresso dal papa per pressioni del re di Francia Filippo “il Bello” nel 1312 e il suo ultimo Gran Maestro, Jacques de Molay, arso vivo. I superstiti confluirono negli altri Ordini Cavallereschi: innanzitutto in quello di San Giovanni (che ebbe in cessione, formalmente, i beni dell’Ordine soppresso), ma anche negli ordini Del Cristo (portoghese) e di Montesa (spagnolo).

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NON NOBIS DOMINE - STORIA DEI TEMPLARI

IL BIANCO E IL NERO

San Bernardo di Chiaravalle, fondatore dell’ordine dei Cistercenzi, odia l’oro e l’oreficeria, le vetrate e le miniature policrome, ed è cromofobo. I cistercensi sono ostili ai colori, al fasto e alle decorazioni, le loro chiese sono monocrome e disadorne. Pertanto decide di far vestire i suoi adepti di bianco. (In realtà, fino al XVIII secolo è stato impossibile avere un bianco tessile puro, perché non si conosceva il procedimento a base di cloro. Ci si poteva accontentare di tinte naturali sbiancate, che tendevano a diventare color panna, ecrù, o grigio, con metodi lunghi e difficoltosi, ad esempio utilizzando l’acqua ossigenata della rugiada mattutina.). Pietro il Venerabile, abate di Cluny amante del lusso estremo, paludato nel suo saio nero foderato di zibellino, sostiene che la scelta dei cistercensi sia indecente e contraria alla tradizione. Accusa violentemente San Bernardo di Chiaravalle di superbia, perché il bianco fino ad allora veniva utilizzato solamente per liturgie solenni, mentre i cluniacensi si vestono umilmente di nero secondo la regola benedettina. San Bernardo di Chiaravalle ribatte che il nero è il colore della morte e del peccato, mentre il bianco è simbolo di candore. Nasce in questo modo l’opposizione fra il bianco e il nero. Fino a quel momento, bianco e nero non erano considerati opposti. Il rosso e il bianco lo erano. La strada della rivalutazione del nero, che avverrà in età moderna, viene spianata alla metà del XII secolo, quando nasce l’araldica. L’araldica è composta da segni distintivi nella livrea militare, richiesti dai nuovi elmi ed usberghi che celano completamente i lineamenti dei cavalieri, che quindi devono essere riconosciuti tramite i loro scudi. Gli stemmi hanno un grande successo sociale, tanto che nel XIII secolo anche gli artigiani e il clero iniziano ad utilizzarli. L’araldica si compone di figure e colori, ma i colori utilizzati sono solo sei, ovvero bianco (argent), nero (sable), giallo (or), rosso (gueules), blu (azur) e verde (sinople). La parola che indica il nero, sable, viene dalle lingue slave ed indica la pelliccia di zibellino, che nel Medioevo è molto ambita e commercializzata come oggetto di gran lusso, di cui fanno uso i nobili russi e la szlachta polacca. L’imperatore del Sacro Romano Impero mette su campo oro un’aquila nera bicefala. Quindi, è proprio grazie all’araldica che si comincia a nobilitare il nero e a sottrarlo alle connotazioni demoniache. Nell’ambito letterario poi iniziano a comparire nei romanzi cavallereschi e cortesi misteriosi cavalieri in nero, con scudo de sable plain, cioè completamente nero. Essi non sono personaggi negativi, ma spesso sono gli stessi eroi, come Lancillotto, Galvano o Tristano, in momenti in cui sono costretti a celare la loro identità allo scopo di far progredire la narrazione. Anche Walter Scott nel suo Ivanhoe farà vestire di nero nientemeno che Riccardo Cuor di Leone di ritorno dalla Terrasanta. Di solito il cavaliere malvagio è quello rosso, come avviene anche nel cinema contemporaneo con La leggenda del Re Pescatore, favola medievale di redenzione ambientata a Manhattan. Nella seconda metà del XIV secolo il re magio Baldassarre, che rappresenta l’Africa, inizia ad essere raffigurato con la pelle nera. Poi c’è san Maurizio, un santo cavaliere originario dell’Egitto, con lineamenti e pelle da africano, come si vede nella sua statua della cattedrale di Magdeburgo. San Maurizio è un soldato romano che subisce il martirio sotto l’imperatore Massimiano, per essersi rifiutato di sacrificare agli idoli. Contende a San Giorgio e a San Michele il protettorato della classe dei cavalieri, e protegge i tintori, per la difficoltà che essi avevano a tingere le stoffe del colore della sua pelle. Il bianco è diventato uguale e contrario al nero per gradi. Come preliminare c’è stata la disputa cromatica fra cistercensi e cluniacensi, ma la prima tappa vera e propria è stata l’invenzione della stampa a caratteri mobili. Si inizia ad utilizzare un inchiostro nero resistente, grasso, brillante, molto diverso da quello vergato a mano dagli amanuensi, che poteva essere rimosso tramite un raschietto. L’inchiostro da stampa penetra in profondità nelle fibre della carta, e non scolorisce, grazie alla pesantezza delle presse ispirate a quelle dei vignaioli renani e alle reazioni chimiche dovute alle nuove sostanze. Ogni tipografia ha la sua ricetta segreta, ma tutte sono simili a quella messa a punto da Gutenberg durante il suo soggiorno a Strasburgo nel 1440, che viene utilizzata quindici anni dopo per la Bibbia delle 42 righe. Tendenzialmente questa ricetta prevede come base quella degli amanuensi, nero d’avorio o di legno di vite, diluito in acqua o vino, e reso corposo da un legante come miele, gomma arabica, caseina, olio, o bianco d’uovo. A ciò viene aggiunto olio di lino, solfato di ferro o di rame e sali metallici, e grazie a questi nuovi ingredienti avviene una reazione chimica fra la carta e l’inchiostro che lo rende indelebile, come attestano i quarantanove esemplari superstiti della Bibbia di Gutenberg, perfettamente leggibili dopo più di cinquecentocinquanta anni. Il nero delle tipografie è onnipervasivo, si attacca ovunque e spande in ogni dove il suo caratteristico odore. I tipografi diventano una categoria di operai scomoda e turbolenta, sono sempre di fretta, neri dalla testa ai piedi come i carbonai, e le autorità li considerano pericolosi perché per la prima volta si tratta di manovalanza letterata. I loro laboratori non devono assolutamente trovarsi nei quartieri alti, perché sembrano fucine infernali. Assieme all’inchiostro, è la carta che determina la nascita di un mondo in bianco e nero. Inventata dai cinesi, viene importata in Europa dagli arabi, la troviamo alla fine dell’XI secolo in Spagna e all’inizio del XII in Sicilia. Inizia ad essere quindi utilizzata per atti notarili in Italia, Francia, Inghilterra e Germania. L’industria della carta si sviluppa in parallelo con quella tessile orientata alla produzione di camicie, ovvero gli indumenti intimi usati da uomini e donne, dai cui scarti si fabbrica il materiale cartaceo. Fino alla fine del Diciottesimo Secolo la carta rimane un oggetto costoso. Con l’invenzione della stampa, il colore della carta vira dal beige, al bianco ghiaccio, fino al bianco vero e proprio. Nero più bianco puro sarà un connubio che determinerà una vera e propria rivoluzione dell’immagine. Se le immagini medievali sono tutte policrome, quelle moderne tendono ad essere in bianco e nero. A metà del XIV secolo viene inventata la xilografia, e dal 1460 viene integrata nella produzione di libri. Il bianco e nero delle xilografie e delle incisioni permettono di ottenere grandi effetti di ritmo, ombreggiatura, brillantezza, densità, e tutto ciò mediante un sapiente utilizzo e una calibrata giustapposizione di linee, che possono essere doppie, spezzate, intersecanti, curve, sottili o grosse.

 

 

 

RIVISTA DEL COLLEGIO ARALDICO

ContePalatino

RIVISTA ARALDICA 1903

RIVISTA ARALDICA 2008

RIVISTA ARALDICA 2009/2010

Video Presentazione "Manuale di Araldica Ecclesiastica"

Gli Antichissimi Simboli Contraddistintivi

Alcuni autori pensano di attribuire agli Egizi l’invenzione di simboli utili al riconoscimento ed all’individuazione dei singoli e delle caste.
Altri ancora dicono che furono i Rabbini, attenti commentatori dei testi antichi, ad attribuire e riconoscere le dodici tribù attraverso i simboli.
Pretesero, altresì, che la tribù di Giuda portasse un leone in campo verde; che Elisam prendesse una testa umana in campo rosso; Ephraim una testa di toro in campo d’oro; Ahieser, figlio di Dan, un serpente verde in campo diaprato d’argento e di rosso; Giuda un leone; Isachar un asino; Dan un serpente; Gad un guerriero; Simeone e Levi una spada; Aser delle torte-bisanti; Nephtali un cervo saliente; Beniamino un lupo; Ruben la mandragora; a Giuseppe attribuirono il sole ed ai suoi figli Ephraim e Manasse il sole e la luna sopra un campo di mele d’oro; ai loro discendenti una testa di toro e dei corni di rinoceronte: Oltre a queste figure furono stabiliti anche i colori dei campi sui quali esse posavano e, questi colori, furono tratti da quelli delle dodici pietre razionali del gran sacerdote. Pertanto a Giuda fu assegnato il verde dello smeraldo; a Ruben il rosso del rubino; ad Isacco l’azzurro dello zaffiro; a Zabulone il giallo del topazio con il verde dello smeraldo; a Dan il bianco del diamante con il rosso del rubino. Il Fursten nel suo trattato del 1660, rispetto all’araldica antica, si perita anche di individuare l’arma di Adamo che risulterebbe composta da «un triangolo d’oro radioso, caricato di tre stelle di nero, sopra un campo d’azzurro, a forma di cuore». Anche quella di Noè con una colomba, il sole e la parola ebraica «pace».
Giosuè avrebbe portato tre teste di toro d’oro. Anche Cristo ebbe un proprio blasone, rappresentato in un armoriale tedesco del 1578; inquartato: nel 1° con le cinque piaghe (2,1,2); nel 2° seminato di stelle con un globo cerchiato e crociato in cuore; il sole, nel primo cantone del capo, la luna, nel secondo; nel 3° l’arca di Noè sulle onde, sormontata dall’arcobaleno; nel 4° Adamo ed Eva che mangiano il pomo loro offerto dal serpente; sul tutto, lo Spirito Santo. Lo scudo sormontato dall’agnello pasquale ed accollato ad una croce in palo a due chiavi decussate. Anche le sacre scritture furono usate quali fonti per l’interpretazione degli emblemi antichi. Ciò è evidente, ad esempio, riferendoci al leone che è emblematico sia per il Nazareno che per il suo contrario: il demonio. Secondo San Gregorio Magno, infatti, il ruggito del leone rappresenterebbe la forza e la coerenza dell’uomo di Dio; il ruggito della leonessa, la loquacità della donna; i denti dei leoncini, la edacità dei fanciulli. Come quasi sempre, i simboli, infatti, rappresentano significati di valori opposti e contrari. Così il ruggito del leone, rappresenterebbe sia le virtù del Cristo sia la crudeltà del diavolo.
La pantera rappresenterebbe sia la Chiesa che Babilonia che il Male. Altri araldisti, invece, quali La Colombiere, Bombaci, Campanile ecc. pensano che le prime scelte di simboli rappresentativi siano state originate dai Greci. Essi citano l’idra dello scudo aventino quale simbolo della famiglia di Teseo, (che la portava sul pomo della spada) e che, proprio per mezzo suo, permise ad Egeo di riconoscerlo. Poi le insegne, citate da Eschilo, ed attribuite ai sette eroi di Tebe. Da Pausania ad Agamennone, quindi a Menelao, ad Idomeneo, ad Epaminonda ecc. Da Valerio Flacco per gli Argonauti; da Omero per Ulisse et altri. Tutte queste memorie testimonierebbero che, questi personaggi, portavano sui propri scudi, la rappresentazione figurata delle imprese dei propri antenati o proprie. Si conosce che questi simboli, in Grecia, si attribuivano, come premio, ai soldati valorosi. Queste assegnazioni simboliche erano personali e non trasmissibili.
L’araldo Sicile ed il Pietrasanta sono convinti che i primi ad usare i simboli predetti furono, al contrario, gli Assiri.
Altri araldisti, ancora, sostengono che, l’origine delle armi, risalga ai Romani e, pretendono, che sia stato Augusto ad attribuire delle marche alle proprie legioni per distinguerle, facendole dipingere sugli scudi dei legionari.
Araldisti quali il padre Monet ed il Grenier de Crassegnac fanno riferimento, nelle loro opere, a quest’origine romana delle prime armi e, ricordando i commentari del Panciroli, ci elencano gli emblemi delle coorti romane del basso impero.
Esse erano denominate: i bracati vecchi, i Celti veterani, gli arcieri galli delle bande vecchie, gli arcieri galli delle bande nuove, i menopi vecchi, i teodosiani secondi, gli ercolani nuovi.
I primi innalzavano: d’azzurro, a due canne d’oro, sormontanti una colonna.
I secondi: di rosso, a due draghi d’oro, controrampanti ad una colonna.
I terzi: d’azzurro alla bordura composita d’oro e di rosso,al globo dello stesso, posto tra due cerchi, uno d’argento, l’altro di rosso, con una tavola scritta, in lettere capitali nere, riproducenti la parola LEX.
I quarti: d’azzurro alla bordura composita d’oro e di rosso, al globo dello stesso, posto dentro un cerchio d’argento, sostenuto da due aquile ed accompagnato da due medaglie con le effigi dei due imperatori: d’oriente e d’occidente.
I quinti: di verde alla bordura d’oro; con un serpe d’oro caricato da uno scudetto dello stesso, bordato di rosso.
I sesti: un toro d’oro passante ai piedi di un monte di verde cimato da un busto di moro tenente un pileo d’oro in una mano ed una corda nell’altra pure d’oro.
Il campo di settimi: di azzurro bordato d’oro, con un’aquila d’oro posata sopra un ramo di verde.
Si è voluto, altresì, spiegare, per mezzo delle armi gentilizie, le figure patronimiche delle genti romane e pertanto fu attribuito un corvo ai Corvini, un vitello ai Vituli, un toro ai Tauri, un fiore ai Fiori, quattro occhi a Quattrocchi, ecc. ecc. ma, in realtà, queste figure compaiono solamente sulle loro medaglie celebrative.
In realtà erano semplici ornamenti come gli scudi allusivi ai sentimenti e alle passioni di chi li portava (così come facevano gli Arcadi).
Oppure, ancora, quali simboli di città e popoli quali, ad esempio, la colomba di Babilonia, la civetta di Atene, la luna dei Sileni, l’aquila dei Romani, il cavallo dei Cartaginesi, la triquetra della Sicilia, la rosa di Rodi, la mezzaluna di Bisanzio ecc. ecc.
Tutti questi simboli, fin qui esplicitati, tuttavia, non ci inducono a credere che le armi gentilizie che verranno, fossero già appartenute agli antichi popoli testé citati. Se infatti gli Egizi, gli Ebrei, i Greci ed i Romani avessero utilizzato degli stemmi, in senso proprio, ne avremmo avuto notizia da fonti più accreditate e non solo da poeti o da artisti, più intrisi, di mito o di leggende.
Infatti, simili usanze, non esisterebbero, senza averne lasciato traccia documentale.
Ammettendo che, pur tuttavia, questi simboli fossero, pur sempre, esistiti, quali emblemi di specifiche famiglie o di organizzazioni civili o militari che fossero, essi, comunque, non sarebbero da considerare quali contrassegni di nobiltà, secondo il moderno intendere blasonico, ma, semmai, espressioni visive di vetustà di razza.
Abbandoniamo, quindi, l’idea dell’appartenenza di armi gentilizie ai popoli barbarici, anche se possiamo sostenere che: «quegli antichi simboli, già presenti nella storia figurata dei popoli antichi, si ripresenteranno, successivamente, nel blasone alto medievale con valenze e significati che, noi, vorremo, poi, loro riconoscere, a tutti gli effetti, in epoca storicamente, più definibile».

La "Famiglia del Graal" Il Simbolismo della "Linea di Sangue"


Esistono alcune teorie secondo cui il Graal sarebbe una metafora sotto la quale si cela la linea di discendenza che si è generata a partire da Gesù, nella sua unione matrimoniale con Maria Maddalena. Questa ipotesi, storicamente non dimostrabile e, naturalmente, rifiutata dalla Chiesa ufficiale, ha però generato una serie infinita di seguaci e di riferimenti, a partire da varie famiglie nobili che si sono dichiarate imparentate o discendenti degli antichi re Merovingi. Questa stirpe di sovrani che prende il nome dal capostipite Meroveo, è stata fin dall'inizio associata ad un'origine divina: a parte il mito della bestia marina che avrebbe generato Meroveo, di cui parleremo più avanti, c'è la credenza che questi re avessero tutti dei poteri di guarigione. Esistono, dunque, numerosi simbolismi che possiamo associare a questa Linea di Sangue, emblemi più o meno occulti che vengono impiegati in opere d'arte, da parte di artisti che potevano avere avuto contatti con gruppi ed ambienti Esoterici presso i quali circolavano le suddette credenze, oppure potevano addirittura averne fatto parte. Oppure, li troviamo nei blasoni nobiliari e negli stemmi araldici di famiglie o di luoghi che possono essere state associate, a qualsiasi titolo, a tali miti. Di seguito ne analizziamo alcuni, nella consapevolezza che la lista non può dirsi completa, e che, naturalmente, la presenza di tali simbologie non è condizione né necessaria, né sufficiente per provare un coinvolgimento con il mito della "Linea di Sangue", ma solo un indizio di una possibile attinenza. Il Leone di Giuda. Il complesso simbolismo legato alla figura di questo animale dedicato al Cammino di Santiago di Compostèla (dove fa la sua comparsa specifica in una delle tappe principali, la città di Leon). In questo contesto, invece, ci soffermiamo su un aspetto particolare, il cosiddetto "Leone di Giuda", una figura araldica che mostra un leone "passante", cioè un leone mostrato di fianco con una delle zampe anteriori sollevate, che regge una croce. Come simbolo araldico lo troviamo, ad esempio, nello stemma dell'Etiòpia. Per l'aspetto maestoso e il fiero portamento, sottolineato dalla folta criniera che ricorda la corona dei raggi del sole, il Leone è sempre stato chiamato il "Re della Foresta" e ha conservato nel tempo questa associazione simbolica con la regalità. Il leone, per giunta, era il simbolo di Giuda e della tribù che da lui si è generata, dalla quale, come gli aveva profetizzato il padre Giacobbe in punto di morte, sarebbe disceso il Messia. Sta scritto, infatti, nella Bibbia (benedizione di Giacobbe morente al figlio Giuda): «A te, Giuda, tributeranno omaggio i tuoi fratelli, la tua mano sarà sulla cervice dei tuoi nemici, si prostreranno a te i figli di tuo padre. Tu, Giuda, sei un leoncello quando torni, o figlio mio, dalla preda. Allorché egli se ne sta chino, coricato come un leone, chi oserebbe farlo alzare? Lo scettro non si dipartirà da Giuda né il bastone del comando di tra i suoi piedi fino a che verrà il Messia verso il quale convergerà l'ossequio dei popoli. Egli lega alla vite il suo puledro ed alla vite pregiata il figlio della sua àsina; lava il vestito nel vino ed i panni nel sangue dell'uva. Ha gli occhi rossi per il vino e bianchi i denti per il latte» (Gènesi 49.8-12). Si noti che in questo passo si fa riferimento anche ad un altro dei tanti simboli della stirpe reale, la vite, di cui parleremo più avanti. Dalla tribù di Giuda si distingueranno il re Salomone e il figlio Davide, dal quale discenderà Gesù. Il leone, dunque, è passato a simboleggiare la stirpe di Davide, e ciò viene confermato da San Giovanni in un passo della sua "Apocalisse": «Uno degli anziani mi disse: "Non piangere; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli"». Il Leone fu il primo dei simboli araldici usato dalla famiglia dei Merovingi, ma esso venne presto sostituito da un altro ben noto simbolo, il "Fleur-de-Lys". Il Giglio stilizzato il "Fleur-de-Lys" assieme al leone, è l'elemento più diffuso nella simbologia araldica. Il primo utilizzo documentato del Giglio in forma di "seminato" su uno stemma reale appartiene al principe Luigi, il futuro re Luigi VIII, nel 1211, dove aveva i colori che ancora oggi sono ufficializzati nel blasone dello stato francese: oro su fondo azzurro. In precedenza, Luigi VII aveva sfoggiato il disegno di un Giglio stilizzato che aveva chiamato "Fleur de Lys", il nome francese del fiore che ricordava, in un'assonanza fonetica, la locuzione "Flor de Loys", cioè il "fiore del re Luigi". La tradizione, però, attribuisce al simbolo un'origine ancora più antica: si dice, infatti, che esso fosse stato adottato dal re merovingio Clodoveo nel V sec., dopo una battaglia vittoriosa contro i Visigoti, combattuta a Vouillé, ad ovest di Poitiers, nei pressi del fiume Lys, in Belgio, dove questo fiore cresce in abbondanza (si tratta, ovviamente, non del comune Giglio di giardino, ma di una sua variante chiamata "iris delle paludi" o "iris gialla", nome scientifico: Iris pseudacorus ). Clodoveo era stato convertito al cristianesimo dal vescovo Remigio nei pressi di Reims (vedi, in proposito, l'articolo sull'Abbazia di Saint-Remì) e da questo momento in poi il Giglio, che è un ben noto simbolo di purezza e castità, è diventato il simbolo dei re cristiani di Francia. La Simbologia Cristiana vede nei suoi Tre Petali Stilizzati un'allusione alla Trinità divina e nella base orizzontale la figura di Maria, di fondamentale importanza per comprendere il mistero trinitario in quanto fu da lei che, attraverso l'intervento divino del Padre, s'incarnerà il Figlio, e dai due emana lo Spirito Santo. Questo concetto si trasformerà successivamente con il diffondersi delle teorie pseudo-storiche associate al Santo Graal ed alla discendenza di Cristo. Il "Fleur-de-Lys" viene così associato alla "Stirpe Reale": la base del simbolo rappresenterebbe, secondo questa nuova concezione, Maria Maddalena mentre i tre petali non sono altro che i figli che essa ebbe da Gesù: Tamar, Joshua e Josephes. Il tema della "Linea di Sangue Reale" venne per la prima volta presentato ad un pubblico più vasto nel 1982, con l'uscita del saggio "Il Santo Graal" di Baigent, Leigh e Lincoln. Nelle loro teorie, la linea di sangue passerebbe per i sovrani Merovingi, e questa "origine divina" è alla base della leggenda che vedeva il re Meroveo, dal cui nome derivò quello della dinastia, generato da un mostro marino uscito dal mare. La "Bistea Neptuni" e il simbolismo del Pesce La Bistea NeptuniAbbiamo accennato ad alcuni significati simbolici della figura del pesce nell'articolo dedicato al simbolo della Vesica Piscis, dove troviamo anche un'interpretazione in chiave esoterica dell'episodio del Vangelo di Giovanni della "pesca miracolosa" e del numero 153. Ricordiamo, dunque, per un motivo che sarà chiaro in seguito, che sin dall'antichità il "pesce" ha rappresentato per la Cristianità un'allegoria del Cristo. Meroveo, il re dal quale prese il nome la stirpe dei Merovingi, è figura sospesa tra la storia e la leggenda. Le notizie storiche su di lui sono talmente scarse ed imprecise che molti ritengono la sua figura soltanto il frutto di una leggenda. Tra le citazioni più autorevoli, esiste quella di Gregorio di Tours il quale afferma che secondo alcuni Meroveo, padre di Childerico, fosse un discendente di Clodione. La citazione è confermata da un anonimo monaco dell'Abbazia di Saint-Denis, presso Parigi, autore del "Liber Historiae Francorum" (VIII secolo), che cita Meroveo come discendente di Clodione. I Merovingi erano detti i "Re Lungochiomati", per la loro abitudine di non tagliarsi mai i capelli, ed anche i "Re Taumaturghi", per le loro supposte abilità nella guarigione delle persone. Secondo una diffusa leggenda medievale, essi erano discendenti della linea di Davide e le loro proprietà derivavano, appunto, dall'avere sangue divino nelle proprie vene. L'abitudine di non tagliare i capelli, dunque, potrebbe fare riferimento al nazireato, la forma giudaica di consacrazione a Dio, la stessa che nella Bibbia è attribuita al personaggio di Sansone e la stessa alla quale potrebbero aver aderito Giovanni Battista e persino Gesù (secondo l'ipotesi che "Nazareno" sia in realtà l'errata traduzione di "Nazireo"). Dunque, i Merovingi discendevano da Gesù? Un'altra leggenda, riportata nelle Cronache di Fredegario, VII secolo, racconta che Meroveo nacque da un mostro marino,
chiamato "Bistea Neptuni" (o "Bestea Neptuni"), uscito dal mare per unirsi alla regina Basina, moglie del re dei Franchi Clodione, mentre ella si trovava sulla spiaggia per fare un bagno. Questo episodio giustificherebbe il significato letterale del nome Meroveo, ossia "uomo del mare". Il mostro marino è un compendio di simbolismo: nella cronaca viene definita, più precisamente, "bestea Neptuni Quinotauri similis", cioè la bestia di Nettuno dalle sembianze di un Quinotauro. Un Quinotauro indica un toro con cinque corna, ed è chiaro che in questo simbolismo richiama i tre rebbi del tridente di Nettuno insieme alle due corna del toro, che può riferirsi sia al viaggio in mare di Giove, che si era tramutato in toro per rapire la bella Europa, sia al Minotauro, il mostro metà uomo e metà toro nato dall'insano accoppiamento tra la regina Pasife e un bellissimo toro bianco che suo marito, il re Minosse di Creta, aveva avuto in dono proprio dal dio del Mare. Non è difficile effettuare il salto simbolico, salendo ad un livello ancora più elevato di approfondimento, per vedere sotto questa leggenda l'origine divina di Meroveo, nella visione dei teorici della "Linea di Sangue del Graal": la bestia-pesce figlia del dio rappresenta Gesù, il pesce "figlio di Dio Salvatore", mentre la donna di nobile lignaggio non è altri che un'allusione alla Maddalena. Il mare è un elemento importante in quanto la Maddalena giunse sulle coste della Francia per mare, quando era ancora incinta della prima figlia. Tutti gli altri simbolismi legati alla figura del pesce, come l'Oannes (un essere metà uomo e metà pesce) e la sua controparte femminile, la Sirena, hanno un riferimento occulto a questa tradizione. Da non dimenticare, infine, che nel mito dei romanzi del Graal, lo sfortunato re chiamato Anfortas, la cui ferita può essere guarita dal prode paladino solo se saprà porre la giusta domanda riguardo il Santo Graal, viene anche appellato col termine di "Re Pescatore". Il simbolismo dell'Ape, i Merovingi avevano come emblema anche quello dell'ape. Quando la tomba di Childerìco Primo, supposto figlio di Meroveo, venne ritrovata ed aperta nel 1653, al suo interno, tra gli altri oggetti, vennero ritrovate 300 piccole api in oro puro. L' Ape è stato simbolo della regalitàsin dal tempo degli Egizi, e veniva spesso associata al futuro del Faraone. È noto che Napoleone si fece realizzare un mantello cerimoniale impreziosito da queste api e che lo utilizzò quando si autoincoronò imperatore di Francia. Il simbolismo di questo animale è legato alla sua caratteristica di costruire alveari in forma di cellette perfettamente esagonali. L'esàgono, in tale contesto, rappresenta una manifestazione dell'armonia divina insita nella Natura, perché questa forma geometrica incorpora i due triàngoli equilàteri, uno retto ed uno inverso, che rappresentano la dualità e l'unione maschile-femminile.
L'Ape, dunque, potrebbe rappresentare un altro indizio simbolico che fa riferimento alla linea di discendenza divina. Grazie alla sua capacità di trasformare il pòlline dei fiori (materia grezza) in puro miele (materia perfezionata), l'Ape assume anche il significato alchemico della trasformazione della materia, e quello massonico del cammino di perfezionamento che porta l'adepto, da una condizione di pietra grezza, a pietra squadrata. Infine, per la sua caratteristica di sparire nei mesi invernali e di tornare a primavera, l'ape è diventato nei secoli un simbolo della resurrezione divina e, talvolta, dello stesso Cristo. "Dat Rosa Mel Apibus" Frontespizio del "Summum Bonum" (1629, Robert Fludd)
La Vite, l'Uva, il Vino. Sono un altro elemento che è stato molto usato nella Simbologia Cristiana e che ha generato associazioni e risvolti ambigui è quello della vite, la pianta dalla quale nasce l'uva che a sua volta, premuta e lasciataermentare, produce il vino. In un passo del Vangelo di Giovanni (Giovanni, 15, 1-8) Gesù si paragona ad una vite e paragona il Padre suo al vignaiolo. In particolare, egli afferma "Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla" (Giovanni, 15, 1). D'altra parte, Gesù torna a parlare della vita durante l'Ultima Cena, quando benedice il calice e lo passa agli Apostoli. Questo passo è riportato in tutti i Vangeli Sinottici, ad es., in Marco è scritto: "In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio" (Marco. 14, 25). Alcune miniature medievali rappresentano il Cristo all'interno di un torchio da uva, spesso accompagnato dal citato versetto di Giovanni. Il calice dell'Ultima Cena, che ha contenuto il vino diventato sangue di Cristo, è stato successivamente associato al Santo Graal. Molte immagini allegoriche ed anche antiche filigrane rappresentano il Graal come un calice pieno di grappoli d'uva. Dunque il passaggio tra il sangue di Gesù e la sua discendenza, o linea di sangue, è piuttosto naturale. Come simbolo della discendenza divina lo ritroviamo più o meno palesemente in tanti contesti associati al mito del Priorato di Sion. Un esempio lampante dell’uso moderno di questo simbolismo è il logo utilizzato per pubblicizzare i famosi vini francesi detti "Blanquette de Limoux", dal nome della città che è il centro della coltivazione di questo pregiato vitigno, nel dipartimento dell'Aude in Linguadoca. Nel periodo medievale in questa zona vi era una forte presenza catara, e i vini in essa prodotti (come il citato Blanquette) oggi vengono comunemente denominati "Vin de Pays Cathars". Il Blanquette è rappresentato da un calice da champagne (il flûte) sul quale si avvolge un tralcio di vite come un serpente. Sul bicchiere, spicca la tipica croce utilizzata dai Catari.
L'albero di Jesse, la staffa fiorita, il trifoglio. L'Albero di Jesse Cattedrale di Nôtre-Dame, Parigi Un tema ricorrente nell'ambito dell'iconografia cristiana è quello del cosiddetto "Albero di Jesse", usato per rappresentare la genealogia della stirpe di Davide partendo da quest'ultimo, l'ultimogenito figlio di Jesse, ed passando per altri personaggi citati nell'Antico Testamento fino a Maria e quindi a Gesù. Solitamente Jesse viene rappresentato
sdraiato o reclinato su un fianco, nella tipica posa della profezia giunta in sogno, e dal suo ventre (dall'ombelico), da un fianco o, meno comunemente, dalla sua bocca, spunta un ramo che si allarga e si moltiplica per mostrare le figure o i nomi dei vari discendenti. Questo tipo di iconografia deriva, in particolare, da un versetto della Bibbia tratto dal libro di Isaia, che viene interpretato come la profezia dell'avvento del Cristo: "Un germoglio spunterà dal tronco di Jesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici" (Isaia. 11, 1), e dagli incipit di alcuni Vangeli (Matteo. 1, 1-16; Luca. 3, 23-38), che, sia pure con notevoli discordanze, ricostruiscono tutta la discendenza di Gesù attraverso Davide. Secoli dopo, quando cominciò a diffondersi la credenza non ortodossa della "Linea di Sangue", la discendenza generata dai figli che Gesù ebbe da Maria Maddalena, il simbolismo dell'Albero di Jesse è stato ripreso, sebbene in forma più occultata, per indicare il proseguimento della stirpe attraverso Gesù. Lo troviamo, ad esempio, nella leggenda della staffa fiorita di Giuseppe di Arimatea. La Staffa fiorita di Giuseppe di Arimatea. La leggenda narra che Giuseppe, quando approdò in terra inglese (nei pressi di Glastonbury) portando con sé il "Santo Graal", piantò il suo bastone nel terreno e si mise a riposare. Al suo risveglio, il bastone aveva miracolosamente attecchito, a da esso ne erano spuntati rami e foglie. L'albero originato dal bastone di Giuseppe è quello oggi conosciuto come "Santa Spina", una particolare variante del comune biancospino che cresce nelle zone attorno a Glastonbury ed ha la singolare caratteristica di fiorire due volte all'anno: a primavera e in inverno, cioè più o meno in coincidenza con le due più importanti feste della Cristianità: la Pasqua e il Natale. Il candidato ideale per innestarvi la leggenda, che sotto il significato letterale vuole in realtà dire che Giuseppe portò con sé, dopo la fuga da Gerusalemme, i figli di Gesù, Gesù Giusto e Josephes, essendone divenuto il tutore legale. Da questi figli, in particolare da Josephes, fiorì dunque quella Linea di Sangue che porterà ai Merovingi e poi, attraverso incroci e matrimoni combinati, alle più influenti famiglie nobili di tutta Europa. Dal simbolismo dell'inizio dell'era Cristiana, si giunge a quello Medievale, dove la teoria, perseguita come eresia dalla Chiesa, viene occultata nel simbolismo dei Tarocchi, attraverso i semi delle carte. La staffa di Giuseppe diventa così il seme dei "bastoni" e, nella successiva derivazione delle moderne carte da poker francesi, il legame viene ancora mantenuto trasformando i bastoni in "fiori". Questi fiori, in realtà più simili a dei Trifogli, hanno tre petali a ricordare i tre figli di Gesù e Maria Maddalena, e in più ricordano il Fleur-de-Lys di cui abbiamo già parlato. In precedenza, il "Trifoglio" giudaico era un simbolo che rappresentava, tra le altre cose, il patto della Circoncisione.

CURIOSITA' - "NUMERI COME COGNOMI" DI CESARE POMA


Abbiamo in Italia in uso attuale, e più ancora ne troviamo nelle carte medioevali, una curiosissima serie di cognomi formati da Numeri. Non sono esclusivi del nostro paese, perché ne troviamo, ad esempio, anche in Inghilterra : Thousandpound (1000 Libbre), Sixapple (6 pomi), Twentyinan (20 uomini, cioè il vintenarius , capo di 20 soldati) Ma, alla stessa guisa dei cognomi composti con verbi (tipo Bevi l'acqua, i cognomi numerali sono più frequenti e più svariati nel nostro paese che in quelli esteri. Naturalmente non sono altro che dei soprannomi, dovuti a circostanze diverse, e poco per volta cristallizzati in cognomi. Li colloco in ordine numerico, e si intendono viventi quelli che non sono seguiti da data di secolo o da fonte antica.

1/2. Mezzabarba. de Megavachis, XIV Secolo, Bologna, trad. Mezzavacca. Sono cognomi medioevali citati da Lower, nella sua opera English Surnames, (Londra, 4» ed., 1875). Veggansi i miei opuscoli: Il composto verbale nell'Onomastica italiana (Torino, Artigianelli, 1910) ; Cognomi italiani formati da verbi che indicano azione (Città di Castello, Lapi, 1914) che formano parte dei miei studi sulla Onomastica italiana. Mezzacapo, da capo che, come osservò Flechia, è femminile, in napoletano. Mezzacappa, XV Secolo, Abruzzo. Mezzadonna, Sutri. Mezzamosca, XV Secolo, Abruzzo. Mezzanotte. Mezzapelle. Mezarocha de Mezarochis, XIV Secolo, lombardia, da mezza rocca. Mezzasalma, sicilia, da salma che è un peso. Mezzaroma, XV Secolo, Sutri da mezza Roma, Mezzofanti. Mezzopreti: già un Muctiarellus, alias Mezoprete, Cernete, 1406. Mezzorotolo, XV Secolo, Abruzzo. Mezziconfi, Padova, in latino de Mediis Comitibus col nome proprio Mezzoconte dei Mezzoconti, XIV Secolo. Medius panis, de Mediopane, Cod. Astensis. Mezzovillani, XIV Secolo, Bologna, in latino de Megovilanis e un Mediusvillanus, magiscola a Modena, XII e XIII secolo. Mezamìci, XV Secolo, Romagna. Mezocelli, Mezucelli, Mezzucelli, Teramo. de Megavrilis, 1327, giudice a Modena, anche de Medio Aprili da mezzo aprile. 2. Dovilli, XIII secolo, Vicenza che in latino era De dualiis villis. Ascherius, Manfredus, Ruffinus de Duobus soldis, Cod. Astensis. Forse Treanni, Napoli : cfr. Settanni, Trentanni e Centanni. Trelancia probabilmente da 3. Lancio e d'origine militare, come il seguente. Tre Lanze è anche nome loc. in Calabria. Trelanzi, Milano : cfr. Centolanzi, per 3 e 100 lancia. Trepiedi. Treròtoli. Trecapelli, Pofi (Lazio). Tresoldi : cfr. Tressòlidi, Cartari Dertonense, 1203 Jacobus Tresoldi, Cod. Astensis. Trisoldi è certo una semplice variante del precedente. E però da tener presente che questi due cognomi possono essere delle deformazioni popolari di un tutt'altro nome: giacché nelle nostre carte medioevali troviamo il nome proprio teutonico Thrasoaldus che in italiano diventava Trasaldo e in Lombardia Trasoldo, da cui facile la trasformazione ad un significato ovvio. Treré, Milano. Trescove, XIII secolo, Milano da trescòpe. Jacobus Tria Modia, Cod. Astensis. Triàngoli, XV Secolo, cognome d'un Marco Antonio, tipografo a Gubbio, 1624, in latino Triangulus. Detregiache, piemonte, dalle 3 giacche. Treddenti, 3 denti.
4. Quattrocchji, Quattrocchio, Quatrocolo, Quattrocolo (Torino) ; Giovanni Quatuor oculo è teste in istrumento del 13 febbraio 1153 con cui i fratelli Richizano vendono beni ivi al monastero di S. Maria Teodota di Pavia (Doc. vogheresi dell'archivio di Milano, 99); analogamente in Pavia, Arco Quattrocchi è teste in atto del 28 maggio 1183 con cui i Ponticelli, padre e figlio, cedono al monastero del Salvalore beni nell'omonimo luogo di Monticelli (Doc. di Pavia relat. a Voghera, 72)cfr. Iohanninus Quatuor oculi, Cartari Dertonense, 1221. Quattrorecchi. Quattromani e Francesco de Quatròmeni, impiccato 1388 (Cronaca Carrarese dei Gatari,). Quattrociocchi o da ciocche ; cfr. Braccialarghi per larghe ; da ciocco, ceppo, come Cavaciòcchi. Quattr osoldi. A. Ratti, A Milano nel 1266 (Milano, 1902). Fumagalli.
5. Cinque (Campobasso). De' Cinque (Roma). Cinquegrana, Napoli, e Cinquegrani. Cinquemani. Cinquini. Crescentius qui vocatur Quinque Dentes, 1011, Roma. Seidenari, Sanremo. Seidita, sicilia. Un cognome consimile esiste anche in Grecia. Settàmii, Napoli : cfr. de Septemannis, Cod. Astensis. Settegrani. Settesoldi. Setteamanze, XV Secolo, Abruzzo. Settecoltelli, Settepani, Ponzano (Lazio). dei Settesoli, XIII secolo, Roma, appartiene solo apparentemente a questa categoria, perché la famiglia a cui appartenne Iàcopa, la discèpola di S. Francesco d'Assisi, prendeva il nome dal suo feudo, il castello di Settesoli, che sarebbe stato il Septesòlium di Settimio Severo. Nel Liber Instrumentorum, di Mondovì, ricorre spesso un Set (talvolta scritto Septem) Molinarius, 1288, 1293, 1305, ed è forse da intendersi per il nome di Settimo.
11. Ubertono Sartori, detto XI lire, 1342, Biella ' Da un doc. conservato nell'Archivio della Scuola Professionale.
12. Diecidùe. Donzena, Milano lombardia donsena per dozzina : forse da qualche maestro medioevale che teneva scolari a dozzina. Dodici Schizzi famiglia nobile di Cremona : il Secondo cognome non a relazioni col Primo, perché dall'Annuario della Nobiltà Italiana, parrebbe che vi sia entrato per via di matrimonio, e d'altronde Dodici esiste nella stessa città da solo.
13. Tredici, Somma Lombarda. Maynfredus de XIII secoli solidis, 1211 , doc. 562 Cartario di Staffarda.
14. Ma Ubertus Quatuordecim, Cod. Astensis, e Henricus, Guillelmus Quatorge o Quatorze, 1185, 1200. Carte Archivio Arcivescovato Torino, derivano indirettamente da 14 attraverso al nome locale che ora è Quattordio, circondario d'Alessandria.
15. Passaquindici. 19. Diexinuove, XIV Secolo, Venezia, in latino Decem et novem. 27. Delvintisette, Nizza Marittima.
30. Trenta. (Trentini forse è etnico, malgrado l'analogia di Cinquini, e cioè originario di Trento). Trentanni. Trentacoste. Trentalance, Napoli. Trentacapilli, Napoli, XV Secolo. Trentoncie, XV Secolo, Abruzzo. Trente, cognome di Gressonèy, tradotto in francese dalla sua forma tedesca Dreisiger, trentesimo. Il nome proprio maschile Trentafile è citato dal Molmenti tra quelli in uso a Venezia fino a tutto il secolo XII e siccome parecchi erano di provenienza bizantina, congetturo che questo sia il greco Triantafiuis, ora cognome in Grecia, cioè 30 foglie.
34. de Trentaquatris, XIV Secolo, Bologna. 39. Trentanove. 40. Quaranta, Quarantelli.
48. Quarantotto (Trieste). Quarantotti, ma già Quarantaotto, XV Secolo, Padova. 50. Cinquanta, Milano.
100. un notaio Bertolinus Centumpecudes, Pavia, 1294. Centomani, napoli, Centofanti. Centoniiglia. Centonza, Centonze, It. meridionale Centolanzi, Milano : cfr. Trelanzi. Centanni, Di Centanni, Napoli. Centamori, Perugia Centamore. Johannes Centum Porci, 1026, Roma. Sansoldi, piem. : nel Codex Astensis è Censoldus, Alba, XIII secolo : ma nelle Carte di Signori e Luoghi del Pinerolese, si trova un Ogèrius Centum solidi, 1234, il prof. Gabotto spiega in nota appunto coll'attuale forma Sansoldi. Centunviro, è probabilmente cognome di Brefotrofio.
1000. Ruffinus Milsolidi, Alessandria, 1230. Millelire, It. meridionale Millefiorini. Milleiari, sicilia cfr. cognome Tari, a S. Maria Capua Vetere. Millunzi, cioè 1000 oncie. Johannes Millemusche, 1244, Vercelli. Documenti Archivio di Pavia relativi a Voghera. Enechus (forse leggi Enochus) Milemerce e Moyses Milemerzia, 1266, Milano, paiono Ebrei. (Ratti). C'è anche il cognome Millanta, ma sarebbe forse arrischiato attribuirgli il significato di mille : certo il più desiderabile cognome fu quello di Gumbertus de multis denariis, Cremona, 1207. Ma il colmo di stranezza in siffatto genere è un cognome che leggo appunto in questi giorni nel Times di Londra, ove, tra le persone di cui questa sciagurata guerra ha fatto smarrire le traccie nei paesi belligeranti, il Console americano cerca notizie di una signora di sangue indiano (Pelli Rosse d'America) che si trovava in viaggio in Europa e che porta il singolare nome di Missis Tivo Tivo, cioè Due Due. Documenti di Voghera, num. 46 e 47.

 

TRECCANI, LA CULTURA ITALIANA VOCABOLARIO ON LINE

Quattròcchi Vocabolario on line Quattròcchi (o Quattr’òcchi) sostantivo maschile (nel significato 1, se riferito a donna, anche femminile). 1.a. Appellativo scherzoso o canzonatorio di chi porta Occhiali: senti, quattrocchi, non vedi che ci sto io qua? 1.b. Con sign. diverso, parlare a Quattrocchi, fare un discorso a quattrocchi, e simili (con riferimento a due persone), da soli, in disparte, senza testimoni. 2.a. Nome degli uccelli anatidi del genere Bucephala, e in particolare della specie Bucephala clangula, che nidifica nelle terre artiche e subartiche, e in Italia è di doppio passo regolare, così denominata perché il maschio ha una grande macchia ovale bianca, simile a un occhio, su ciascuna guancia; Quattrocchi d’Islanda, la specie Bucephala islandica, molto simile alla precedente, ma più grande e pesante, riconoscibile per la forma a mezzaluna, invece che circolare, della macchia bianca intorno all’occhio. 2.b. Quattrocchi, o Pesce Quattrocchi, nome comune di due pesci, Raja miraletus del genere razza e Anableps tetrophthalmus della famiglia anablepidi.

 

La Simbologia Araldica


Parlando dell'origine degli stemmi, l'Araldica è la scienza del blasone. Il blasonare uno stemma secondo i principi dell'araldica, significa descrive uno stemma usando la terminologia propria di questa scienza. Molto brevemente possiamo dire che per blasonare uno stemma si inizia dall'indicare il colore del campo dello scudo, si passa poi ad indicare le figure principali -- descrivendone il numero, la posizione ed il colore (smalto) -- e quindi le figure secondarie. Le figure -- definite dal MANNO come “ciò che si può mettere negli scudi per formare le arme” -- si possono suddividere in Araldiche, Naturali e Ideali. Delle Figure Araldiche fanno parte le Partizioni, le Pezze Onorevoli e le Pezze Araldiche (ad esempio: la fascia, il palo, la banda, la sbarra, lo scaglione, il cantone, la losanga, il lambello, il capo, ecc., figure qui non considerate, trattando esclusivamente della simbologia araldica). Nelle Figure Naturali rientrano quelle che fanno parte delle Scienze (Antropologia, Fauna, Avifauna, Ittiologia, Flora, Geologia, Astrologia, Meteorologia) e delle Arti (Religiosa, Bellica, Nautica, Venatoria, Pescatoria, Costruttiva, Domestica, Agricola, Lusoria, Arti e Mestieri). Delle Figure Ideali fanno parte le Figure della Agiologia, Demonologia, Mitologia ed i Mostri. Le figure (in particolare quelle animali e vegetali) spesso sono utilizzate quali stemmi parlanti (stemmi cioè che ricordano il cognome attraverso immagini; ad esempio: l'orso per la famiglia Orsini; la rovere per la famiglia della Rovere; gli Occhi per la famiglia Quattrocchi), ma possono essere anche usate per il loro significato simbolico. Riguardo a questo aspetto, è da dire che la simbologia araldica si rifà alla simbologia romana, greca ed egizia, ma può riferirsi anche alle caratteristiche peculiari di un animale (ad esempio, il leone usato per rappresentare il coraggio e quindi come simbolo della stirpe coraggiosa) o di una pianta (ad esempio, la quercia usata per simboleggiare la forza della stirpe), oppure al significato allegorico di un oggetto (ad esempio, la campana come simbolo di chiara fama o vocazione religiosa). E' da precisare che nella rappresentare graficamente uno stemma, le figure devono essere riportate invertite rispetto a come indicate nella blasonatura dello stemma stesso: ciò perché la destra dello scudo è quella posta a sinistra di chi lo guarda e viceversa; in altre parole, quando lo scudo del cavaliere è visto di fronte, la sua sinistra corrisponde alla destra di chi guarda e la sua destra alla sinistra dell'osservatore. E' da precisare poi che in araldica la simbologia è sempre positiva e si riferisce quindi sempre alle caratteristiche positive dell'animale, della pianta o dell'oggetto. Nel caso in cui una figura abbia più significati, ciò che essa rappresenta può essere meglio specificato attraverso l'uso del motto o di determinati colori. Infatti, anche l'uso dei colori (smalti) ha una sua ragione simbolica. Ed iniziando proprio da questi, riportiamo un breve compendio di simbologia araldica con l'avvertenza che nella esposizione che segue si è fatto riferimento al Dizionario Araldico di PIERO GUELFI CAMAJANI, Ed. Manuali Hoepli, 1940; per ulteriori, necessari, approfondimenti si rinvia alla medesima opera.
SMALTI
I “colori” principalmente usati in araldica sono il rosso, l'azzurro, il nero ed il verde. Poi vi sono il colore porpora ed il colore carnagione, nonché il colore naturale della figura che si rappresenta nello scudo. Oltre ai colori vi sono due “metalli”: l'oro e l'argento; e due “pellicce”: l'armellino ed il vaio.
• ARGENTO: con l'oro è uno dei due metalli usati in araldica. Negli stemmi disegnati in bianco e nero, si indica lasciando in bianco il campo. In araldica sostituisce il bianco in quanto più splendente. Simboleggia la purezza, l'innocenza, la giustizia e l'amicizia.
• ARMELLINO o ERMELLINO: trattasi di una pelliccia bianca, rappresentata in araldica con l'argento, sulla quale si dispongono in modo simmetrico le code nere di questo animale, simili a piccolo fiocchi. E' la più nobile delle pellicce; per il suo candore fu usata per foderare i mantelli di Re e Principi ed è quindi simbolo di origini principesche, di purezza, di incorruttibilità.
• AZZURRO: si indica con linee orizzontali e, essendo il colore del cielo, rappresenta la gloria, la virtù e la fermezza incorruttibile.
• BIANCO: in araldica questo colore è sostituito dall'argento, ma alcune figure possono essere rappresentate in bianco.
• GIALLO: vedi ORO.
• NERO: si indica con linee verticali e orizzontali sovrapposte. Rappresenta il dolore, il lutto per la morte di un qualche illustre personaggio della famiglia, oppure la dedizione al Principe fino alla morte.
• ORO: è il metallo più nobile. Si indica punteggiando il campo dello scudo o le figure così colorate. E' simbolo di ricchezza, comando, potenza.
• PORPORA: o violaceo, si indica con linee diagonali, da sinistra a destra. Rappresenta dignità regia.
• ROSSO: si rappresenta con linee verticali e, richiamandosi al sangue versato in battaglia, rappresenta il valore, l'audacia, la nobiltà ed il dominio.
• VERDE: si indica con linee diagonali, da destra a sinistra, ed è simbolo della vittoria, dell'onore, dell'abbondanza.
ANIMALI
Si possono suddividere in naturali e chimerici; quelli naturali in quadrupedi, volatili, rettili, insetti, molluschi. Essi sono rappresentati generalmente nella loro posizione naturale: passanti (cioè in atto di camminare), rampanti, salienti, sedenti, dormienti, ecc..
• AGNELLO: simbolo della mansuetudine, dell'umiltà, dell'innocenza e della purezza, per questo simbolo della cristianità, di Gesù Cristo, degli Apostoli e dei Martiri.
• AIRONE: rappresenta il silenzio e la tempesta; unito alla cornacchia simboleggia l'unione contro un nemico perché insieme, in natura, cacciano la volpe.
• ALCIONE: simboleggia la mitezza e l'unione anche matrimoniale: Alcione figlia di Eolo, quando seppe che il marito Ceice era perito in un naufragio, si gettò anch'essa tra le onde; Teti trasformò i due sposi in due alcioni.
• AMARANTO: pianta i cui fiori non marciscono e quindi simbolo di immortalità o di costanza.
• APE: animale simbolo per eccellenza dell'operosità, del lavoro.
• AQUILA: la più nobile tra i volatili ed in generale tra gli animali, è simbolo della potenza, della vittoria e dell'impero.
• ARDITO: dicesi così il gallo con la zampa destra alzata in atto di combattere; esso è emblema del guerriero pronto alle armi.
• ARIETE: emblema soprattutto di perseveranza (vedi anche CAPRO).
• ASINO: simbolo di umiltà.
• ASTORE: uccello rapace usato in araldica per rappresentare l'astuzia guerresca senza pietà.
• AVVOLTOIO: poiché esso, in caso di necessità, nutre i figli anche con il proprio sangue è simbolo della pietà e dell'amore filiale. Per i Romani Dio della guerra e per gli Egizi simbolo di rapida meta.
• BASILISCO: animale al quale gli Egizi dettero la testa di falcone e che ritenevano vivesse più di tutti gli altri animali potendoli uccidere con il solo fiato; per questo simbolo di eternità della stirpe e di potenza.
• BERTUCCIA: scimmia usata soprattutto negli stemmi parlanti.
• BISCIA: serpente usato per simboleggiare la riflessione e la prudenza.
• BOVE: simbolo per eccellenza della mansuetudine, rappresenta anche il lavoro.
• BUFALO: non è altro che il bove selvatico e quindi simbolo della forza fedele e generosa.
• CALANDRA: essa è un volatile della famiglia delle allodole e rappresenta la pietà, dato che secondo la leggenda essa fissa gli occhi del moribondo e muore attraendo a sé il morbo.
• CAMALEONTE: per la sua qualità di cambiare colore e assumere quello circostante per mimetizzarsi è simbolo della facilità nell'apprendimento e di astuzia.
• CANE: simbolo per eccellenza della fedeltà e della vigilanza.
• CAPRIOLO: dato che nutre i genitori in vecchiaia è simbolo di gratitudine e amore filiale.
• CAPRO: poiché assai prolifico, rappresenta appunto la prolificità e la potenza della stirpe. Per le sue capacità di scalatore, è simbolo anche di sicurezza.
• CASTORO: abile costruttore della sua tana, simboleggia la destrezza, l'intelligenza e la perseveranza.
• CERVO: animale nomade e quindi simbolo di famiglia originaria di altro luogo.
• CHIOCCIOLA: simboleggia la pazienza (vedi LUMACA).
• CICALA: simbolo per eccellenza della musica.
• CICOGNA: dato che si prende cura dei genitori è simbolo di pietà, riconoscenza e amore filiale. Se tenente in bocca l'origano (pianta medica), è simbolo della medicina. Si rappresenta generalmente con il collo ritirato.
• CIGNO: rappresenta il buon augurio, anche nella navigazione e nella vecchiaia.
• CINGHIALE: simbolo della caccia e dell'audacia unita alla ferocia.
• CIVETTA: per i Greci simbolo della vittoria e per gli Egizi della prudenza.
• COCCODRILLO: per eccellenza simbolo della finzione e del tradimento.
• COLOMBO: o colomba, simbolo cristiano dello Spirito Santo, in araldica rappresenta l'amore puro, l'animo buono, la pace coniugale.
• CONIGLIO: simbolo di prolificità e di mansuetudine.
• CORNACCHIA: uccello fedelissimo al coniuge e quindi in araldica usato come simbolo di fedeltà assoluta.
• CORVO: in quanto annunciatore in natura della pioggia, rappresenta il buon augurio. Simbolo anche di ingegno e oratoria.
• CUCULO: ritenuto un volatile trasformista, simboleggia appunto la trasformazione per ottenere migliori fortune.
• DAINO: emblema della caccia e dell'uomo accorto nelle imprese.
• DRAGO: usato in araldica per rappresentare la fedeltà, la vigilanza e il valore militare.
• ELEFANTE: simboleggia la forza, la grandezza d'animo e la stirpe antica, data la sua longevità.
• FAGIANO: rappresenta la semplicità d'animo.
• FAINA: simbolo di rapacità.
• FALCO-FALCONE: emblema della caccia signorile.
• FARFALLA: usata per rappresentare il virtuoso che cerca la virtù.
• FORMICA: emblema per eccellenza del lavoro, della operosità instancabile.
• GALLO: se raffigurato con la cresta e con la zampa destra alzata in atto di combattere dicesi ardito ed è simbolo del guerriero pronto alle armi.
• GATTO: emblema dell'indipendenza, della vigilanza e della destrezza.
• GAZZA: simbolo dell'eloquenza.
• GRANCHIO: simbolo di gravità.
• GRIFO-GRIFONE: animale chimerico metà leone e metà aquila che rappresenta la custodia e la vigilanza. Poiché è l'unione del più nobile volatile e del più nobile animale terrestre, è simbolo anche di perfezione e di potenza.
• GRU: simbolo di vigilanza; si rappresenta generalmente su di una zampa.
• IDRA: animale chimerico a sette teste, rappresenta il capitano che non teme la morte.
• IPPOGRIFO: animale chimerico metà cavallo e metà aquila che rappresenta, come il GRIFO la custodia e la vigilanza.
• ISTRICE: simbolo della difesa contro i nemici.
• LEONE: il più nobile tra gli animali della terra che rappresenta la forza, il coraggio ed il comando.
• LEOPARDO: è il leone passante (cioè in atto di camminare) con la testa in maestà (cioè di faccia, non di profilo) e con la coda rivolta sulla schiena; ha lo stesso significato del leone.
• LEPRE: simboleggia il disprezzo per la fatica e i disagi.
• LEVRIERE: in quanto cane usato per la caccia alla lepre, simboleggia la caccia e l'animo costante nel seguire un'impresa.
• LIOCORNO: animale chimerico formato da un cavallo con mento e barba di capra, zoccoli di bue, coda di leone e con un corno in fronte; rappresenta la forza e la vittoria.
• LUCCIO: rappresenta i diritti di pesca.
• LUCCIOLA: indica la vera nobiltà che risplende.
• LUMACA: si differenzia dalla CHIOCCIOLA perchè questa ha la conchiglia, mentre la lumaca no; rappresenta la pazienza.
• LUPO: simboleggia il capitano ardito.
• MONTONE: simbolo di forza e tenacia.
• MOSCA: emblema di tenacia nella lotta.
• OCA: dato che questo animale ha il sonno molto leggero, esso è simbolo della vigilanza e della custodia.
• ORSO: simbolo del guerriero prode e fiero.
• PANTERA: rappresenta l'astuzia e la libertà.
• PAPPAGALLO: simbolo dell'eloquenza ed anche della docilità.
• PASSERO: siccome si riteneva che le sue carni ed uova avessero poteri afrodisiaci, è stato preso a simbolo della virilità e della fecondità.
• PAVONE: simbolo di ricchezza; si rappresenta generalmente in atto di fare la ruota.
• PECORA: simbolo di vaste proprietà adibite alla pastorizia ed anche di dolcezza e mansuetudine come l'AGNELLO.
• PELLICANO: rappresenta la pietà e l'amore per il prossimo.
• PERNICE: abile nel nascondersi al cacciatore, è simbolo di astuzia.
• PESCI: il più nobile è il delfino; essi rappresentano le imprese marittime, oppure il silenzio o la speranza in Dio come nella cristianità.
• PICA: vedi GAZZA.
• PICCHIO: simboleggia l'uomo forte e perseverante nelle imprese e nel lavoro.
• PIPISTRELLO: simbolo di aiuto reciproco e di sicurezza.
• PORCO: simbolo del giuramento e quindi della fedeltà.
• PORCOSPINO: simbolo di forza contro i pericoli.
• RAGNO: rappresenta la laboriosità.
• RAMARRO: dato che difende l'uomo dal serpente, è simbolo di custodia ed anche di benevolenza e amore.
• RANA: anfibio simbolo dell'uomo che si adatta a tutto.
• RICCIO: vedi PORCOSPINO.
• RINOCERONTE: simbolo di grande forza e potenza.
• RONDINE: rappresenta i lunghi viaggi e l'amore per la propria terra.
• ROSPO: animale emblema della terra e dell'amore per la propria terra.
• SALAMANDRA: rappresentata quasi sempre sopra tizzoni ardenti, rappresenta la resistenza alle avversità ed al male.
• SCIMMIA: simbolo di imitazione; vedi anche BERTUCCIA.
• SCOIATTOLO: simboleggia l'uomo saggio, prudente.
• SCORPIONE: simboleggia l'uomo che non perdona.
• SCROFA: animale usato soprattutto nelle armi parlanti.
• SERPENTE: emblema di astuzia, di dominio, di eternità ed anche di prudenza; quando è rappresentato calpestato o nel becco di altri animali, esso simboleggia il nemico, il tradimento, il vizio; esso è simbolo anche della medicina.
• SORCIO: indica l'uomo prudente.
• SPARVIERO: animale dedicato a Marte e quindi simbolo di origini guerriere, di vittoria e di gloria.
• STRUZZO: rappresenta l'obbedienza del suddito e la giustizia.
• TARTARUGA: è simbolo della prudenza.
• TASSO: animale utilizzato nelle armi parlanti.
• TESTUGGINE: vedi TARTARUGA.
• TIGRE: simbolo del coraggio e della ferocia nelle imprese.
• TOPO: Vedi SORCIO.
• TORTORA: simboleggia l'amore coniugale.
• TROTA: simbolo di onestà.
• USIGNOLO: rappresenta l'amore per la musica.
• VACCA: simbolo dell'uomo benefico.
• VOLPE: simbolo per eccellenza di astuzia.
FIORI e PIANTE
• ABETE: emblema di alte aspirazioni, retto pensiero, animo nobile ed elevato.
• AGRIFOGLIO: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa previdenza.
• ALBERO: nelle blasonature devesi indicare la specie e se esso è fruttifero, fustato, sradicato, fiorito, reciso, secco o frondoso. Per il significato si veda ogni singola voce.
• ALLORO: sacro ad Apollo è il più nobile vegetale dato che a Roma veniva usato per coronare imperatori, sommi poeti, generali; secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa virtù intrepida.
• AMARANTO: così si indica la pianta che non può marcire e simboleggia l'immortalità, la costanza; secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa l'amore costante e fortunato.
• AVELLANA: o nocciolo, simboleggia l'amore segreto, la virtù nascosta.
• AVENA: le sue spighe indicano l'impresa ardua.
• BASILICO: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa odio o povertà.
• BIANCO SPINO: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa dolce speranza.
• CAMELIA: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa pensiero triste.
• CASTAGNO: rappresenta la virtù nascosta (come il suo frutto) e la resistenza (come il suo legno).
• CEDRO: simbolo di pietà, di misericordia divina (così nella tradizione ebraica) e di immortalità (dato che è una pianta assai longeva).
• CERRO: vedi QUERCIA.
• CILIEGIO: indica la dolcezza imparziale.
• CIPOLLA: simbolo per eccellenza delle lacrime, del dolore (per raggiungere alte imprese).
• CIPRESSO: rappresenta la perpetuità della famiglia e l'incorruttibilità (dato che il suo legno è assai resistente).
• COTOGNO: indica l'amore matrimoniale.
• EDERA: questo sempreverde indica tenacia ed eterna memoria; secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa amicizia costante.
• FAGGIO: simbolo di vita sobria e ritirata, dato che esso cresce ad alte quote.
• FELCE: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa animo guerriero.
• FIORDALISO: vedi GIGLIO.
• FIORI: la simbologia dei fiori è stata ampiamente utilizzata in araldica sin dalle sue origini, ciò anche in considerazione del carattere ornamentale degli stessi. Nelle blasonature devesi indicare se il fiore è gambuto, fogliato, bottonato, chiuso o aperto. Per il significato dei fiori si veda ogni singola voce.
• FRAGOLA: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa dolci pensieri.
• FRASSINO: simbolo di padronanza assoluta, dato che vicino questo altissimo albero non cresce nessun altro albero.
• GAROFANO: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa virtù, onore.
• GELSO: simbolo di prudenza, dato che cresce tardi.
• GELSOMINO: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa purezza, virtù, amabilità.
• GERANIO: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa capriccio e languidezza.
• GIACINTO: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa benevolenza.
• GIGLIO: esso è il più nobile dei fiori usati in araldica. Il giglio araldico è diverso da quello naturale e dal giglio di Firenze. Il giglio di Francia si è ampiamente diffuso negli stemmi italiani dopo la calata di Carlo VIII. Significa potenza, sovranità. Il giglio di giardino, al naturale, secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa candore, purezza.
• GINEPRO: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa saggezza o gratitudine.
• GIRASOLE: la caratteristica di questo fiore è quella di girarsi sempre verso il sole, per questo è simbolo di fedeltà e aspirazione a cose sublimi; secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa amore perseverante.
• GIUNCHIGLIA: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa desiderio ardente.
• GRAMIGNA: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa costanza in amore.
• LAURO: vedi ALLORO.
• LEANDRO: vedi OLEANDRO.
• LUPPOLO: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa fecondità.
• MANDORLO: simbolo dell'ardire e della gioventù, dato che fiorisce prima degli altri.
• MARGHERITA: fiore raro in araldica che secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa innocenza, bontà.
• MELAGRANA: frutto del MELOGRANO che simboleggia la concordia, l'unione.
• MELO: frutto dedicato a Venere, simbolo dell'amore.
• MELOGRANO: rappresenta l'amicizia e secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa sincerità e generosità.
• MELONE: vedi POPONE.
• MIRTO: pianta sempreverde e profumata che secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa allegria, felici nozze.
• MUGHETTO: indica la discrezione; secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa leggerezza e fatuità.
• NARCISO: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa amore piacente.
• NESPOLO: rappresenta la sapienza, il consiglio prudente.
• NOCE: simbolo di innocenza.
• OLEANDRO: simbolo di bellezza.
• OLIVO: simbolo per eccellenza della pace, ma anche di vittoria, di fama e gloria immortale; secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa pace, riconciliazione.
• OLMO: usato in agricoltura per sostenere la vite, è simbolo di sostegno, amicizia, protezione, amore.
• ORTICA: significa afflizione; secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa curiosità punita.
• ORTENSIA: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa amore costante.
• PALMA: simbolo di vittoria e di pace; è simbolo anche di eloquenza (dato che anticamente si teneva alle porte degli avvocati) e giustizia (dato il suo legno assai resistente). Secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa felicità o perseveranza.
• PAPAVERO: simbolo di giustizia data la regolarità della sua forma; secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa sospetto, sorpresa.
• PEONIA: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa piaceri terreni.
• PERVINCA: simbolo di verginità, vita semplice, amicizia.
• PERO: usato quale simbolo del buon padre di famiglia o principe benefico.
• PESCO: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa fedele segretezza.
• PINA: per la sua armonia è simbolo di saggezza.
• PINO: significa nobiltà antica ed anche benignità dato che fa molta ombra.
• PIOPPO: simboleggia il coraggio dato che Ercole se ne cinse la testa quando discese nell'Inferno.
• PLATANO: simbolo di alto spirito.
• POPONE: rappresenta l'amicizia.
• PRUNO: pianta selvatica simbolo di indipendenza.
• QUERCIA: simbolo di forza, nobiltà, potenza.
• RAPA: usata spesso quale arma parlante, indica la beneficenza.
• ROSA: simbolo di bellezza ma anche di nobiltà, onore e meriti riconosciuti; secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa grazia, bellezza.
• ROVERE: arma parlante con lo stesso significato della QUERCIA.
• RUTA: emblema della castità dato che l'omonima pianta era ritenuta avere un effetto calmante.
• SALICE: emblema del legame e secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa castità.
• SAMBUCO: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa unità.
• SICOMORO: o fico d'Egitto è simbolo della pazienza.
• SORBO: simbolo della prudenza.
• SPIGA: indica abbondanza ma anche pace; secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa abbondanza.
• TIGLIO: emblema dell'amore coniugale.
• TRIFOGLIO: simbolo di efficacia nelle lettere.
• TULIPANO: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa ispirazione, libero arbitrio.
• UVA: vedi VITE.
• VERBENA: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin significa amore coniugale.
• VIOLA: secondo il linguaggio dei fiori dell'Aymé Martin, la viola del pensiero significa ricordanza, la viola mammola significa umiltà, fedeltà o amore casto.
• VITE: simboleggia l'allegria, l'amicizia gioviale.
• ZUCCA: se galleggiante rappresenta l'insommergibilità agli eventi della stirpe.
ALTRE FIGURE: naturali o artificiali
• ALABARDA: arma antichissima a punta tagliente, simbolo di virtù militari.
• ALVEARE: in quanto facente riferimento alla APE (vedi in precedenza), come questa è simbolo dell'operosità, del lavoro.
• ANCORA: rappresenta le vittorie marinare, nonché la fermezza.
• ANELLO: esiste quello episcopale, quello coniugale e quello del cavaliere che indica la nobiltà ed il potere signorile.
• APPALMATA: così dicesi la mano aperta che mostra la palma, simbolo di libertà.
• ARCO: arma tra le più antiche che simboleggia la potenza e la milizia.
• ARIETE: macchina da guerra emblema di perseveranza.
• ARPA: simbolo per eccellenza della musica, rappresenta anche l'animo eletto.
• ARPIA: animale chimerico con petto e volto di donna, corpo, ali, artigli, coda di avvoltoio e orecchie di orso; emblema di distruzione usato negli stemmi degli uomini d'arme.
• AZZA: è un'arma simile alla scure usata anticamente dai cavalieri in battaglia, è simbolo di valore e audacia.
• BADILE: vanga simbolo di operosità.
• BILANCIA: simbolo per eccellenza della giustizia e dell'equità.
• BISANTI: monete coniate anticamente a Bisanzio, simbolo di ricchezza.
• BORDONE: è il bastone del pellegrino, simbolo di pellegrinaggio in Terra Santa.
• BORSA: se chiusa simboleggia il risparmio e la previdenza; se aperta indica la generosità.
• BRACCIO: in araldica dicesi destrocherio il braccio destro e sinistrocherio quello sinistro; se nudo e non armato, in funzione di donare, significa bontà e generosità; se vestito significa generosità oculata; se armato significa alta carica militare; le braccia in croce simboleggiano l'umiltà e l'obbedienza al principe.
• BRANCA: cioè la zampa di un animale, simboleggia generalmente la forza.
• CADUCEO: figura formata da un bastone sul quale sono attorcigliati due serpenti affrontati e cimato da un volo d'ali spiegate; nella mitologia esso è posto nella mano destra di Mercurio; è simbolo di pace (il bastone che divide i serpenti in lotta).
• CAMPANA: si rappresenta generalmente con il battaglio pendente ed è simbolo di chiara fama e vocazione religiosa.
• CANDELA: rappresenta l'impresa risplendente.
• CANDELABRO: simbolo di virtù spirituali, devozione.
• CANNA: pianta docile ai venti e per questo simbolo di costanza, ma anche della letteratura poiché gli antichi scrivevano utilizzando appunto una canna.
• CANNONE: rappresenta la fama raggiunta con le armi.
• CASA: significa amore per la famiglia.
• CASTELLO: emblema di antica nobiltà e potestà feudale.
• CATENA: ricordando quella del ponte levatoio, significa dominio territoriale; se spezzata significa libertà conquistata, emancipazione; simboleggia anche la fedeltà.
• CAVALIERE: rappresenta la nobiltà e la cavalleria.
• CENTAURO: questa antica figura mitologica, metà uomo e metà cavallo, rappresentata con l'arco in mano, è poco usata in araldica e sembra sia simbolo di virtù e sapienza.
• CERBERO: animale chimerico simbolo di guardiano fedele e potente.
• CERVO: in quanto animale longevo, è simbolo di antica nobiltà e di stirpe longeva; essendo un animale nomade, può anche indicare la stirpe che ebbe origine altrove.
• CHIAVI: richiamando la figura del Governatore o del Castellano, simboleggiano la potenza.
• CHIESA: simbolo di obbedienza a Dio ed alla Chiesa.
• CHIMERA: figura con testa di leone, corpo di capra e coda di serpente, buttante fiamme dalla bocca e dalle narici; simbolo di impresa impossibile compiuta.
• CHIODO: secondo una antica usanza si piantano chiodi per allontanare disgrazie e calamità; per questo esso rappresenta la fortuna e la preservazione dalle disgrazie. Quando sono tre riuniti a ventaglio sono detti “chiodi della passione”, alludendo a quella di Gesù, e sono emblema di fede cristiana e spirito di sacrificio.
• CLAVA: simboleggia la forza e il potere.
• COLONNA: arma parlante, oppure simbolo di forza, costanza.
• COMETA: poiché essa brilla di luce perenne, è simbolo di chiarezza di fama, e di virtù superiori e potenza eterna.
• COLTELLO: significa carica militare o giustizia.
• COMPASSO: simboleggia le scienze e quindi: l'architettura, la geografia, l'astronomia; simbolo anche di giustizia e sapienza.
• CONCHIGLIA: richiamandosi alla conchiglia del pellegrino, rappresenta i pellegrinaggi in Terra Santa e le crociate.
• CORNA: simbolo di forza, e tenacia.
• CORNO DA CACCIA: simbolo della caccia signorile.
• CORNO DOGALE: è la corona del Doge di Venezia, in forma di berretto frigio.
• CORNUCOPIA: rappresenta l'agricoltura, l'abbondanza, la provvidenza.
• CRESCENTE: è la mezzaluna simbolo di fortuna sperata.
• CROCE: figura molto in uso in araldica nelle sue diversissime fogge i cui significati si riallacciano alla tradizione cavalleresca.
• CUORE: rappresenta l'amore, la carità.
• DADO: simboleggia la fortuna, la vittoria.
• DARDO: si differenzia dalla freccia perchè quest'ultima non veniva lanciata a mano ma tramite l'arco; è simbolo di amore (il dardo che trafigge il cuore) ma anche di guerra, guerriero.
• DENTE: usato quale arma parlante.
• DESTROCHERIO: è il braccio destro, movente dal fianco sinistro dello scudo, la cui simbologia va generalmente riferita a ciò che viene impugnato dalla mano del braccio stesso.
• FACE: se accesa rappresenta la luce, la sapienza ed anche la discordia.
• FALCE: simbolo del lavoro fruttifero.
• FEDE: cioè due mani che si stringono, simboleggia la fede giurata, l'amicizia, l'unione, la riconciliazione.
• FENICE: creduto animale immortale, rappresenta la longevità, la resurrezione e la fama imperitura.
• FERRO DI CAVALLO: simbolo di fortuna e di ricordo di imprese guerresche.
• FIACCOLA: vedi FACE
• FIAMMA: significa fama illustre, natali illustri, purezza.
• FIUME: simboleggia la famiglia, oppure il diritto di pesca o possedimenti in riva ai fiumi.
• FLAUTO: rappresenta la musica ed anche le lettere, la poesia.
• FONTANA: simbolo di beneficenza e di sapienza.
• FORNACE: significa amore, sentimento ardente.
• FORTEZZA: vedi CASTELLO.
• FORTUNA: questa Dea viene rappresentata generalmente con il velo al vento e sopra una ruota di carro od un globo per indicare la sua facile mutabilità; simbolo per eccellenza appunto della fortuna mutante.
• FRECCIA: è diversa dal DARDO (vedi), ma è simbolo anch'essa di amore (la freccia che trafigge il cuore) ma anche di guerra, guerriero.
• FULMINE: segno di potenza, ma anche di eloquenza.
• GALEA: piccola nave a vele latine e remi, simbolo di vittoria navale o ricchezze ottenute con i commerci marini.
• INCUDINE: simbolo di resistenza alla altrui violenza.
• LAMPADA: rappresenta la fede, il sapere.
• LANCIA: simbolo di nobiltà e virtù guerriere.
• LANTERNA: vedi LAMPADA.
• LIBRO: simbolo del sapere, dell'erudizione, della scienza.
• LIUTO: rappresenta la musica.
• LUCERNA: è il lume della ragione.
• LUNA: così si dice quando è piena, altrimenti si dice CRESCENTE; simboleggia la benignità, oppure la forza d'animo nelle sventure (dato che essa fa luce nelle tenebre) e l'incostanza nella sfortuna (dato che essa cambia nelle notti).
• MACINA: vedi MOLA.
• MANO: se non ha posizioni particolari (vedi APPALMATA) simboleggia il comando, oppure fedeltà.
• MARE: se è agitato significa animo inquieto; se è calmo benignità.
• MARTELLO: simbolo di fatica, di ingegno, perseveranza; se battente sull'incudine indica volontà tenace, animo saldo.
• MASSACRO: teschio di bue o di cervo, indicante caccia valente.
• MERCURIO: Dio del commercio, figlio di Giove, dotato di ingegno fine ed accorto, rappresenta l'abilità nel commercio.
• MEZZALUNA: vedi CRESCENTE.
• MITRA: cappello ecclesiastico, simbolo di dignità ecclesiastica.
• MOLA: simbolo di forza, di diritto feudale sui molini e di acume nello studio, dato che la mola trita e mette a nudo le cose.
• MOLINO: vedi MOLA.
• MONTAGNA o MONTE: simbolo di grandezza, sapienza, nobiltà.
• MORO (TESTA DI): rappresenta i Mori catturati durante le crociate, quindi la cavalleria.
• NAVE: significa vittoria navale o animo forte che resiste alle avversità.
• NUVOLE: se usate come sostegno di mani benedicenti, indicano grazia divina.
• OCCHIO: gli occhi rappresentano Dio, la giustizia, oppure la custodia.
• PEGASO: animale chimerico costituito da un cavallo alato, simbolo di fama.
• PELLEGRINO: soprattutto arma parlante ma anche simbolo di lunghi viaggi.
• PIETRA: simboleggia la costanza.
• PIRAMIDE: rappresenta la costanza, la virtù, la gloria e la fermezza.
• PORTA: se aperta significa generosità, se chiusa custodia.
• POZZO: simbolo per eccellenza di scienza, sapienza e verità.
• RIVIERA: vedi FIUME.
• RUOTA: simbolo per eccellenza di fortuna e di mutabilità.
• RUPE: indica l'animo intrepido.
• SCALA: simboleggia l'impresa compiuta, gli onori raggiunti.
• SCETTRO: simbolo per eccellenza del comando.
• SCIMITARRA: è un tipo di sciabola turca e rappresenta quindi il trofeo tolto al nemico.
• SCOGLIO: simboleggia la resistenza, la fede.
• SCURE: simbolo di giustizia, di giurisdizione. Quella rappresentata entro un fascio legato è la scure consolare portata dai littori romani avanti i Consoli in segno di giustizia.
• SFINGE: animale chimerico con volto e petto di donna, corpo di cane, zampe di leone e coda di drago; mito egiziano simbolo di segretezza e di ingegno acuto.
• SINISTROCHERIO: è il braccio sinistro la cui simbologia va generalmente riferita a ciò che viene impugnato dalla mano del braccio stesso.
• SIRENA: animale chimerico con corpo di donna sino all'ombelico e con la restante parte in forma di pesce, simbolo dell'eloquenza e della persuasione.
• SOLE: rappresentato con volto umano contornato da 16 raggi d'oro,metà dritti e metà serpeggianti, simbolo di eternità, grandezza, nobiltà illustre, chiarezza di fama.
• SPADA: indica la stirpe guerriera.
• SPERONI: indica cavalleria, nobiltà.
• STELLA: molto usata in araldica a simboleggiare la guida sicura o l'aspirazione a cose superiori.
• TENDA: indica le imprese guerresche.
• TESCHIO: vedi MASSACRO.
• TORCIA: vedi FACE.
• TORRE: simbolo di nobiltà antica.
• TRIANGOLO: indica la perfezione divina o l'uguaglianza.
• VASCELLO: vedi NAVE.
• VELA: simbolo di fiducia.
• VULCANO: rappresenta le forti passioni e la forza irresistibile.
• ZAPPA: indica l'agricoltura oppure l'investigazione.

 

 



Indice
America del Nord Quattrocchio e Quattrocchi
America del Sud Quattrocchio e Quattrocchi

Araldica Quattrocchio Quattrocchi
Basilicata Quattrocchio Quattrocchi
Biografia Gilberto Quattrocchio
Calabria Quattrocchio Quattrocchi
Campania Quattrocchio Quattrocchi
Curiosita Quattrocchio Quattrocchi
Emilia Ferrara Quattrocchio Quattrocchi
Esempi di genealogie disinvolte
Francia-Tunisia Quattrocchio Quattrocchi
I miei genitori: Gildo Quattrocchio e Emanuela Cuomo
Liguria Quattrocchio Quattrocchi
Lombardia Quattrocchio Quattrocchi
Marche Quattrocchio Quattrocchi
Piemonte Quattrocchio Quattrocchi
Puglia Quattrocchio Quattrocchi
Lazio Quattrocchio Quattrocchi
Roma Quattrocchio Quattrocchi
Roma Famiglie imparentate con Quattrocchio Quattrocchi
Roma curiosità Quattrocchio Quattrocchi
Sator-Cistercensi-Terdona-storia e mito
Sicilia Quattrocchio Quattrocchi
Simboli Quattrocchio Quattrocchi
Toscana Quattrocchio Quattrocchi
Umbria Quattrocchio Quattrocchi
Veneto Quattrocchio Quattrocchi

Quattrocchio Quattrocchi nel terzo millennio

Spanish and English text Quattrocchio Quattrocchi

 

sito a cura di Gilberto Quattrocchio e Patrizia Prodan

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